I tumori maligni ipofaringe

12. IPOFARINGE
RICHIAMI ANATOMICI
Faringe, vista aperta posteriormente. 1. Parete
posteriore 2. Seno piriforme 3. Area retro-cricoidea Anatomia patologica: il carcinoma squamoso rappresenta oltre il 95% delle neoplasie ipofaringee con frequenti
manifestazioni multifocali. Il restante
5% è costituito da una varietà di neoplasie rare.
STORIA NATURALE
Evoluzione locale: i tumori dell’ipofaringe si manifestano frequentemente (20-25% dei casi) in forma multifocale. Nelle
forme unifocali, a seconda della sede
d’origine, tendono ad evolvere verso la laringe, la regione delle tre pliche, verso la parete posteriore
ipofaringea, verso lo spazio retrofaringeo
o verso la bocca esofagea. Evoluzione
regionale: l’invasione linfonodale è presente nel 75% dei casi, talvolta bilateralmente ed anche in sede
ricorrenziale. Evoluzione a distanza:
metastasi polmonari, epatiche ed ossee possono
svilupparsi in percentuali piuttosto elevate (15%).
ITER DIAGNOSTICO
La sintomatologia d’esordio è solitamente aspecifica e molto
sfumata: comprende odinofagia, otalgia
riflessa, disfagia, adenopatie laterocervicali.
Nelle fasi tardive predominano disfagia meccanica dolorosa, disfonia, dispnea e scialorrea. La diagnosi del tumore primitivo si avvale
della laringoscopia indiretta con
specchietto laringeo o con fibre ottiche rigide o flessibili per
valutare le alterazioni della morfologia
ipofaringea e la presenza di edema o ristagno
salivare. L’endoscopia in
narcosi consente un’accurata valutazione dell’estensione della neoplasia, l’esecuzione del prelievo
bioptico, l’individuazione di un eventuale
secondo tumore, soprattutto esofageo. La
TC e la RM individuano l’estensione profonda della neoplasia e l’interessamento degli organi contigui. La TC
è utilizzata di routine riservando la RM
a particolari difficoltà di stadiazione.
CLASSIFICAZIONE DI T (UICC, 1997)
Sedi e sottosedi dell’Ipofaringe
Giunzione faringo-esofagea (area postcricoidea) Seno piriforme Parete faringea posteriore Stadiazione T0 Tumore primitivo non
evidenziabile Tis Carcinoma in
situ T1 Limitato a una sottosede
dell’ipofaringe o a dimensione massima inferiore
a 2 cm T2 Invade più di una
sottosede dell’ipofaringe o altra sede adiacente, oppure ha dimensione massima fra 2 e 4 cm, senza
fissazione dell’emilaringe T3 Ha
una dimensione massima superiore a 4 cm, o con fissazione dell’emilaringe T4 Invade strutture adiacenti,
(cartilagine tiroidea o cricoidea, la carotide,
tessuti molli del collo, fascia o muscoli prevertebrali, tiroide e/ o esofago)
METODICHE DI TRATTAMENTO
Terapia chirurgica
Le esperienze circa il trattamento chirurgico delle neoplasie
ipofaringee fanno riferimento
essenzialmente ad interventi demolitivi, in ragione del fatto che questi tumori giungono a diagnosi
in stadio avanzato. Inoltre, nei rari
casi di diagnosi in stadio I, si tende ad optare per il trattamento radioterapico esclusivo. La terapia
chirurgica conservativa (resezione per via faringotomica laterale,
emifaringo-emilaringectomia) è realizzabile
solamente per piccoli tumori della parte alta del seno piriforme. La chirurgia demolitiva è il trattamento di elezione
per: •
T3 tutti (in assoluto i più
frequenti) • T2
non trattabili diversamente • T4
operabili Essa prevede sempre l’exeresi
della laringe unitamente a porzioni più o
meno estese dell’ipofaringe, fino alla sua ablazione completa, passando dall’intervento di emifaringolaringectomia
totale (che non è altro che una laringectomia
con exeresi estesa ad una adeguata porzione dell’ipofaringe), alla cosiddetta faringolaringectomia
circolare segmentaria. Quest’ultima determina
una completa discontinuità della via digestiva, che necessita di chirurgia ricostruttiva. Infine l’opzione
chirurgica più demolitiva, indicata in alcuni
tumori della giunzione faringo- esofagea e nei tumori multicentrici ipofaringo- esofagei, è la
faringolaringoesofagectomia totale. Ogni qualvolta non sia possibile il mantenimento della
continuità della via digestiva è necessario
ricorrere a metodiche ricostruttive. Tra queste, le più collaudate sono la trasposizione dello stomaco al collo
per via transmediastinica e il trapianto
di un’ansa digiunale rivascolarizzata con microanastomosi con i vasi del collo. In tutti questi interventi è imprescindibile
lo svuotamento linfonodale del collo
radicale, vista l’alta percentuale di metastasi laterocervicali palesi o occulte. E’ generalmente riconosciuta
l’indicazione allo svuotamento controlaterale
del collo che diventa obbligatorio nelle lesioni della parete mediale del seno piriforme ed in quelle che
evolvono verso la metà controlaterale
dell’ipofaringe. In assenza di adenopatie in sede controlaterale, è ammesso uno svuotamento
selettivo (II, III, IV livello). Il rischio
di infiltrazione tiroidea da tumori del seno piriforme, specie se evolventi verso l’esofago cervicale, induce
molte Scuole ad estendere il monoblocco
operatorio ad una istmo-lobectomia tiroidea omolaterale alla neoplasia.
Radioterapia
Obiettivi del trattamento includono la guarigione dalla malattia,
la preservazione della funzione laringea
e la riduzione del rischio di complicanze
e sequele. Nella ricerca della miglior terapia devono essere tenute distinte le varie sottosedi e cioè il
seno piriforme, la parete faringea posteriore
e la regione retrocricoidea. Le lesioni
piccole, esofitiche e senza interessamento linfonodale (T1N0) possono essere ben curate con la sola
radioterapia, qualunque sia la sottosede.
Per aumentare il tasso di controllo locoregionale nel trattamento delle lesioni localmente avanzate in genere
si fa ricorso ad un’associazione tra
chirurgia e radioterapia. Uno studio clinico randomizzato condotto dall’Institut Gustave Roussy di Villejuif,
che paragonava la radioterapia preoperatoria
a quella postoperatoria, ha dimostrato la maggior tollerabilità di quest’ultima e la sua sostanziale
superiorità rispetto alla prima, gravata
da un alto tasso di complicazioni postchirurgiche. La dose ritenuta
adeguata era di 5500 cGy. Un altro tipo
di associazione è quello proposto per i casi T1- T2 con adenopatie N2-3 dall’Università della
Florida, e cioè la radioterapia a dosi
radicali (6600-7000 cGy) seguita da chirurgia sui residui linfonodali. Tale approccio ha consentito un miglioramento
del controllo regionale del 10-15%,
rispetto a dati storici. Il trattamento
dei casi avanzati con sola radioterapia, eseguita con frazionamento classico, non consente
probabilità di controllo e di sopravvivenza
a 5 anni superiori rispettivamente al 25% ed al 15%. Per questo motivo negli ultimi anni fervono i
tentativi per aumentare lo scarto terapeutico:
uno dei più interessanti è il frazionamento multiplo giornaliero (110-120 cGy x 2 sino ad una dose totale di
7660 cGy per ridurre la tossicità tardiva
dei tessuti normali e migliorare i risultati terapeutici). Nei tumori dell’ipofaringe T3 e T4 Wang impiega un
bifrazionamento accelerato (160 cGy x
2), che pare in grado di aumentare il tasso di controllo locale rispetto al frazionamento convenzionale. Altro metodo
proposto per attuare un trattamento
conservativo è l’associazione della radioterapia alla chemioterapia di induzione o simultanea con
cisplatino e fluorouracile. La dose
curativa varia da 6600 cGy (con dose per frazione di 200 cGy) per i T1-T2 N0, a 7000-7200 cGy per i T3-4 N1-2-3;
con i multifrazionamenti la dose può
salire sino a circa 7600 cGy. Eventuali
interruzioni del trattamento radiante (per lo più dovute alla tossicità acuta) sono un fattore prognostico
sfavorevole per ciò che concerne il
controllo locale, pertanto devono essere evitate con appropriate terapie farmacologiche e con un approccio
dietologico. Per ciò che concerne
l’irradiazione postoperatoria occorre irradiare anche la regione del tracheostoma. La dose totale
varia in funzione dell’inclusione del paziente
in un gruppo a rischio moderato oppure ad alto rischio di recidiva grazie allo studio del materiale chirurgico.
La radioterapia postoperatoria dovrebbe
essere iniziata tra la 4 e la 6 settimana dall’intervento chirurgico. Gli effetti tossici acuti della radioterapia
si manifestano a carico delle mucose della
faringe con difficoltà di alimentazione, che in genere si manifesta durante la seconda parte del trattamento. Le
possibili complicazioni e sequele della radioterapia
curativa sono l’edema marginale laringeo, con
indicazione alla tracheostomia, la condronecrosi laringea e la grave
fibrosi del collo: tali complicanze e
sequele sono oggi rare e non superiori globalmente
al 5% dei casi trattati. Le complicanze del trattamento associato radiochirurgico sono le fistole
faringo- cutanee (25-30%), le stenosi
esofagee o tracheali (5%) e, raramente, la rottura della carotide (1%), quasi sempre conseguente ad una
fistola. Terapia non standard Attualmente iniziano a pervenire
risultati incoraggianti dai protocolli sperimentali
di radio- chemioterapia in alternativa alla chirurgia, con l’obiettivo di preservare l’organo laringe. I
regimi polichemioterapici sono in grado
di ottenere migliori risultati, in termini di risposte obiettive, rispetto alla monochemioterapia. I dati più
significativi paiono pervenire dal M. D.
Anderson Cancer Center di Houston, basati su protocolli di
radiochemioterapia, che riportano
sopravvivenze superiori al 60% a 2 anni relative
alla conservazione d’organo, senza inficiare la sopravvivenza globale.
INDICAZIONI TERAPEUTICHE
Tumore primitivo
Con i limiti imposti da un eccessivo schematismo, è possibile
formulare delle opzioni terapeutiche
abbastanza codificate. Seno piriforme T1 – Radioterapia esclusiva T2
– Chirurgia conservativa (Faringolaringectomia Parziale, Dissezione del collo, +/- Radioterapia postoperatoria) T3 e T4
operabili – Chirurgia demolitiva
(Faringolaringectomia totale +/- Chirurgia
ricostruttiva, Dissezione del collo) + Radioterapia postoperatoria – Protocolli randomizzati di preservazione
d’organo con Chemioterapia+Radioterapia
(con chirurgia di recupero) vs. Chirurgia
+ Radioterapia T3 e T4 non resecabili
– Radioterapia
esclusiva – Radioterapia + Chemioterapia
ed eventuale Chirurgia di salvataggio Pazienti inoperabili
per ragioni internistiche – Radioterapia esclusiva Parete
faringea posteriore e giunzione faringo- esofagea T1 – Radioterapia esclusiva T2
– Radioterapia esclusiva T3 e T4 operabili
– Resezione +
Chirurgia ricostruttiva con Radioterapia
postoperatoria – Chemioterapia +
Radioterapia + eventuale Chirurgia di recupero T3 e T4 non
resecabili – Radioterapia esclusiva – Chemioterapia + Radioterapia Pazienti
inoperabili per ragioni internistiche – Radioterapia esclusiva
LINFONODI REGIONALI
Seno piriforme N Svuotamento ipsilaterale Svuotamento controlaterale N0
funzionale funzionale/selettivo N1
funzionale funzionale/selettivo N2a
radicale modificato radicale classico
funzionale/selettivo N2b
funzionale/radicale funzionale N2c
funzionale/radicale funzionale/radicale N3
radicale classico radicale modificato
funzionale/radicale Parete faringea posteriore, area
postcricoidea (estensione al IV livello)
N Svuotamento ipsilaterale Svuotamento
controlaterale N0 selettivo/funzionale selettivo/funzionale N1, N2, N3 funzionale/radicale
funzionale/radicale
RISULTATI
La forma di trattamento dei carcinomi ipofaringei meglio
documentata riguarda la combinazione
chirurgia+ radioterapia. Secondo i più recenti
protocolli con trattamenti associati (Ho 1993, Beauvillain 1997) le percentuali di sopravvivenza globale a 5 anni
oscillano intorno al 75% per i T1N0, 60%
per i T2N0, 30% per i T1-T2N1 e T3N0-1 e 15% per i T4N0-1. Fattore condizionante la sopravvivenza
globale e libera da malattia è non tanto
la classe del tumore primitivo, quanto lo stato linfonodale. La sopravvivenza globale a 5 anni per gli N0 è
del 60% circa, per gli N1 del 30% per
gli N2 del 5%; per gli N3 non si hanno sopravvivenze a 5 anni. La radioterapia esclusiva fornisce,
invariabilmente, risultati mediocri, eccezion
fatta per lesioni limitate ed esofitiche del seno piriforme (circa il
50% di controllo locale), mentre fattore
altamente sfavorevole è la sede retrocricoidea.
Ciò è motivato in maniera sostanziale dalla tipologia dei pazienti trattati con radioterapia esclusiva
(pazienti che per ragioni diverse vengono
esclusi dalla terapia chirurgica). Attualmente iniziano a pervenire risultati incoraggianti sui protocolli di
radio-chemioterapia in alternativa alla chirurgia,
con l’obiettivo di preservare l’organo laringe. I regimi polichemioterapici sono in grado di ottenere
migliori risultati, in termini di risposte
obiettive, rispetto alla monochemioterapia. I dati più significativi paiono pervenire dal M. D. Anderson Cancer
Center di Houston, basati su protocolli
di radio-chemioterapia, che riportano sopravvivenze superiori al 60% a 2 anni relative alla conservazione d’organo,
senza inficiare la sopravvivenza
globale.
FOLLOW- UP
I pazienti trattati per tumori ipofaringei devono essere seguiti
con follow-up molto stretto; il tratto
aerodigestivo superiore ed il collo dovrebbero essere valutati mensilmente durante il primo anno,
ogni due mesi durante il secondo anno,
ogni 3 mesi durante il terzo anno, ogni 4 mesi durante il quarto anno ed ogni 6 mesi durante gli anni
seguenti. Nella maggior parte delle
casistiche il maggiore rischio di ripresa evolutiva locale e/ o locoregionale si verifica nei
primi 2 anni dopo la terapia. La
scoperta di lesioni precoci o di recidive/persistenza su T o N possono essere ancora trattate con dissezione
linfonodale o con laringectomia totale o
faringolaringectomia totale. E’ tuttavia evidente la difficoltà di una diagnosi precoce.
La radiografia in due proiezioni del torace deve essere effettuata annualmente per poter valutare l’insorgenza
di un eventuale carcinoma broncogeno o
metastasi polmonari. In considerazione
dell’elevato numero di secondi tumori primitivi metacroni a livello del tratto aerodigestivo superiore
nei pazienti con tumore dell’ipofaringe
è utile eseguire endoscopie di tutto il distretto, ivi comprese periodiche panendoscopie in narcosi con
cadenza valutabile in 6-12 mesi.
DIRETTIVE FUTURE
In primo luogo è possibile ottimizzare la demolizione chirurgica
attraverso la rapida evoluzione di
quelle metodiche ricostruttive che già hanno largamente modificato le strategie chirurgiche degli
ultimi anni. Esiste poi un più sofisticato
filone di indagini destinato ad individuare con sempre maggiore predittività i soggetti passibili di schemi
terapeutici di preservazione d’organo.
Per questo è importante l’acquisizione di biomarkers (marcatori di proliferazione, mutazioni genetiche quali
quella di p53) che possano svelare la
effettiva radiosensibilità neoplastica.
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