I tumori maligni rinofaringe

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9. RINOFARINGE
Il carcinoma rinofaringeo riconosce una patogenesi genetica,
virale e chimica. È più diffuso in Cina
rispetto a tutte le altre regioni del mondo, e
popolazioni cinesi emigrate in altre nazioni mantengono, almeno per 3 generazioni, una più alta probabilità di
sviluppare un tumore rinofaringeo rispetto
al resto della popolazione.Abitudini alimentari, quali consumo di pesce conservato sotto sale o carne
affumicata fin da giovane età, sono correlate
ad un incremento di rischio con l’aumentare del consumo. È stata evidenziata la presenza del genoma del virus
di Epstein Barr (EBV) nel DNA di cellule
tumorali di pazienti affetti da carcinoma del rinofaringe con livelli decrescenti dal carcinoma indifferenziato al
cheratinizzante. I carcinomi non cheratinizzanti
e gli indifferenziati sono correlati al titolo anticorpale anti EBV: la determinazione sierica degli
anticorpi anti- antigene precoce (EA) e anti
-antigene del capside virale (VCA) può essere di aiuto al clinico al momento della diagnosi (ad esempio: titolo
elevato ed adenopatia cervicale da
primitivo sconosciuto o nella diagnosi differenziale con linfomi o sarcomi).
EVOLUZIONE 1. Rinofaringe 2. Ipofisi 3. Seno sfenoidale 4. Setto nasale 1. Verso la base cranica/seno
sfenoidale 2. Verso lo spazio
pararinofaringeo 3. Verso la
fossa infratemporale 4. Verso
l’orofaringe
CENNI DI ANATOMIA
La rinofaringe è il segmento più rigido ed esclusivamente aereo
della faringe, in comunicazione
permanente con le fosse nasali. È
delimitata: • anteriormente
dalle coane • la
parete superiore, confinante con il pavimento del seno sfenoidale e la base cranica e la parete posteriore (che
poggia sul piano prevertebrale) si
continuano una nell’altra con una curva diretta
postero- caudalmente proiettivamente fino a livello dell’ugola (2 a vertebra cervicale) •
inferiormente dalla parete posteriore
del palato molle • lateralmente
dall’orifizio delle tube di Eustachio, il torus tubarius e le fossette di Rosenmüller, che confinano con
lo spazio pararinofaringeo Il drenaggio
linfatico avviene inizialmente attraverso i linfonodi retrofaringei, poi quelli giugulari, spinali superiori e
medi.
RICHIAMI ANATOMO-PATOLOGICI ED EVOLUZIONE
Il tipo istologico più frequente è il carcinoma squamocellulare, a
sua volta suddiviso in forme
cheratinizzanti e non cheratinizzanti. Le neoplasie non cheratinizzanti sono associate all’infezione
da EBV e vengono suddivise in forme
differenziate ed indifferenziate. Queste ultime, per la ricca componente infiltrativa linfoide (c.d
linfoepitelioma), possono essere talora confuse
con linfomi a grandi cellule. L’attenta valutazione morfologica ed eventualmente la caratterizzazione
immunofenotipica, ne permettono il corretto
inquadramento istopatologico. Nella
rinofaringe è possibile anche l’insorgenza di altre forme tumorali quali linfomi, sarcomi ed adenocarcinomi
SINTOMATOLOGIA
E’ inizialmente estremamente povera o assente, tanto che la
diagnosi iniziale viene formulata sulla
base della comparsa di adenopatie cervicali in oltre 1/3 dei casi. I sintomi locali più precoci sono
solo di ingombro: ipoacusia unilaterale
per ostruzione tubarica, ostruzione nasale, piccole epistassi. Sintomo tardivo è la cefalea o la comparsa di
paralisi di nervi cranici oculomotori,
tra questi prevale la paralisi del nervo abducente, con diplopia. Alla diagnosi sono presenti adenopatie
metastatiche in almeno 2/3 dei casi.
DIAGNOSI
È indispensabile un esame clinico generale e una precisa
descrizione della presenza di sintomi
correlati al carcinoma rinofaringeo e della loro durata: adenopatia cervicale, cefalea, epistassi, diplopia,
ipoacusia, trisma, faringodinia, calo
ponderale. Deve essere definito un punteggio di
Performance Status.
•
L’esame con fibre ottiche della
cavità nasale posteriore, del rinofaringe,
dell’orofaringe e dell’ipofaringe- laringe deve essere praticato di necessità. Inoltre devono essere
segnalati eventuali linfonodi palpabili
al collo indicando il numero, il livello (I-V), la mobilità e la grandezza.
•
Deve essere effettuata una biopsia
rinofaringea per via endoscopica al fine
della definizione istologica.
•
In casi selezionati è indicato un
agoaspirato dei linfonodi sospetti al collo.
E’ sconsigliabile la biopsia escissionale linfonodale, anche se a tutt’oggi un caso su 4 arriva alla diagnosi
per questa via.
•
Le indagini radiologiche prevedono
l’esecuzione di una RM di rinofaringe
base cranica – collo per definire l’estensione locoregionale di malattia. È indicata, in casi selezionati,
una TC delle medesime regioni per una
miglior definizione delle strutture ossee.
•
Sono necessarie: una radiografia del
torace (ed eventuale TC toracica se
sussiste il sospetto di altre localizzazioni secondarie), una ortopantomografia e una valutazione
odontostomatologica in previsione del
trattamento radiante.
•
Negli stadi più avanzati sono indicate
ecografia epatica e scintigrafia ossea.
•
In casi dubbi può essere utile il
dosaggio degli anticorpi anti EBV.
RADIOTERAPIA
A differenza degli altri carcinomi della sfera ORL, il carcinoma
rinofaringeo riconosce come terapia di
prima scelta il trattamento radiante per via
esterna essendo l’approccio chirurgico reso difficoltoso dal possibile interessamento della base cranica e dei nervi
cranici. Anche in pazienti che non
presentano adenopatie, è necessaria l’irradiazione del collo vista l’alta incidenza di metastasi linfonodali
clinicamente non evidenti ed indipendenti
dalle dimensioni del tumore primitivo. Considerati gli organi a rischio adiacenti alla rinofaringe, quali gli occhi,
i nervi ottici, l’ipofisi, i lobi temporali,
il midollo allungato, l’articolazione temporo-mandibolare e le parotidi, la programmazione del piano di cura
radiante deve essere attentamente
valutata. Deve essere previsto l’impiego di apparecchiature ad alta energia per l’erogazione della dose. Le
dosi totali da erogare variano da 66 Gy/
33 frazioni per lo stadio T1, a dosi uguali o superiori a 70 Gy/ 35 frazioni per gli stadi più avanzati. Tecniche
di trattamento più sofisticate prevedono
l’impiego della BRT per sovradosare la sede del tumore primitivo dopo un trattamento con radioterapia per via
esterna oppure l’impiego di frazionamenti
non convenzionali della dose (2 sedute al giorno) limitando, in alcuni studi, la 2a seduta giornaliera al
solo letto tumorale. Neoplasie con estesa
erosione della base cranica e interessamento del sistema nervoso centrale, sono trattate con dosi di circa 60
Gy limitando la dose per frazione a 180-
200 cGy, per ridurre la tossicità. Negli
stadi avanzati è ormai divenuta usuale l’associazione con chemioterapia come recentemente riportato in
uno studio randomizzato di fase III. Classificazione TNM (UICC, 1997)
TOSSICITÀ DEL TRATTAMENTO RADIANTE
La complicanza acuta più rilevante durante l’esecuzione della
radioterapia è la mucosite che interessa
tutto il distretto faringeo, fino a limitare in circa il 20% dei casi una adeguata alimentazione. Le
complicanze tardive più frequenti sono
la fibrosi del collo, il trisma (~ 10%), l’otite esterna (~ 10%). Complicanze più gravi quali il deficit dei
nervi cranici, l’osteonecrosi, la mastoidite,
la mielite da raggi si verificano in circa l’1% dei casi. La xerostomia e le alterazioni dentarie dopo
radioterapia, presenti in quasi la totalità
dei pazienti, possono essere ridotte, in casi selezionati, con l’uso di tecniche di irradiazione complesse.
RISULTATI DELLA RADIOTERAPIA
Nonostante l’impiego di un trattamento radiante aggressivo con
dosi totali superiori a 70 Gy, la
sopravvivenza globale a 5 anni di pazienti affetti da carcinoma del rinofaringe varia dal 35% al
60%. La percentuale è superiore per gli
stadi iniziali (60- 70% per T1- T2/ N0- N1) rispetto agli stadi localmente avanzati (20-50% per T3-T4/N2-N3).
I pazienti che presentano metastasi a
distanza alla diagnosi hanno una sopravvivenza a 5 anni prossima allo zero. La percentuale di recidiva locale è molto
bassa per gli stadi T1- T2 (10- 30% a
seconda del tipo istologico II- III WHO verso I WHO) e più alta per gli stadi T3 (25-45% rispettivamente tipo II-III WHO
verso I WHO). Il controllo linfonodale
con solo trattamento radiante varia dall’80% al 40% a seconda dello stato linfonodale (N1-3). È stato dimostrato un aumento del controllo
locale associando alla radioterapia
esterna un sovradosaggio con BRT endocavitaria limitato alla sede del tumore. A parità di stadio si è
ottenuto un aumento di circa il 20% di
controllo locale. Questa tecnica dovrebbe essere applicata preferibilmente per i tumori cheratinizzanti tipo I WHO,
vista l’alta percentuale di recidiva locale
di questo tipo istologico. Una percentuale di pazienti variabile tra il 15% e il 35% sviluppa metastasi a distanza,
nonostante il mantenimento del controllo
loco- regionale. I casi N3 hanno più possibilità di sviluppare metastasi ematologiche (fino all’80% dei
casi). Numerosi studi clinici che
prevedono l’associazione radioterapiachemioterapia sono in fase di sperimentazione al fine di
aumentare, in casi avanzati, la
percentuale di controllo loco-regionale e di ridurre lo sviluppo di metastasi a distanza.
FATTORI PROGNOSTICI
Le casistiche pubblicate in letteratura concordano nell’assegnare
una prognosi più sfavorevole ai pazienti
con età 40 anni (per alcuni autori il limite
di età è 50 anni ), sesso maschile e presenza di sintomatologia riferita alla neoplasia rinofaringea. Fattori in grado
di influenzare negativamente la prognosi
legati all’estensione locale del tumore primitivo (classe di “T”)
sono l’invasione della base cranica e
dei seni paranasali, la presenza di deficit dei
nervi cranici, l’invasione endocranica, l’interessamento dell’oro-
ipofaringe e l’istotipo squamocellulare
(WHO I tipo). Il manifestarsi di
recidiva ai linfonodi del collo e lo sviluppo di metastasi a distanza sono correlati, più che alla classe
di “T”, alla presenza di adenopatie
metastatiche a livello inferiore del collo, alla presenza di linfonodi
di dimensioni 6 cm, alla loro fissità e
bilateralità – controlateralità. La presenza
di metastasi a distanza al momento della diagnosi praticamente annulla
la sopravvivenza a lungo termine di
questi pazienti.
RITRATTAMENTO RADIANTE IN CASO DI RECIDIVA LOCALE
La ripetizione di un ciclo di radioterapia ad una dose di 60 Gy/
30 frazioni è il trattamento standard in
caso di recidiva sulla sede del primitivo. La
percentuale di successo varia dal 15% al 45% con una possibilità di sopravvivenza libera da malattia a 5 anni del
15%. La tossicità del ritrattamento è
elevata, comportando circa il 10% di complicanze severe. Anche in questi pazienti dovrebbe essere
considerata la possibilità di un trattamento
radiochemioterapico concomitante.
CHIRURGIA
Il ruolo della chirurgia nel trattamento dei carcinomi
rinofaringei è limitato al recupero di
recidive dopo radio± chemioterapia: non vi sono indicazioni ad una terapia inizialmente chirurgica nè su
rinofaringe nè su linfonodi cervicali. L’indicazione
allo svuotamento latero- cervicale per persistenza/ recidiva linfonodale dopo radioterapia è unanimemente
riconosciuta valida. La chirurgia di
salvataggio sulla rinofaringe con intenti radicali è praticata in pochissimi centri ed è considerata una
possibilità alternativa o preliminare ad
una re-irradiazione. I risultati
del trattamento di salvataggio sono migliori se la recidiva è identificata precocemente: è perciò
consigliato un follow- up regolare ed intensivo.
La rivalutazione per una chirurgia di T va compiuta non prima di 2 mesi dal termine della radioterapia: alle
indagini di diagnostica per immagini (RM/
TC) la recidiva non deve essere estesa lateralmente o posteriormente all’arteria carotide interna, né interessare
le ossa della base. È oggetto di ricerca
l’integrazione della chirurgia e della radioterapia di recupero con la chemioterapia in questi
pazienti che sono a rischio maggiore di
ulteriore recidiva locale e di metastasi a distanza.
FOLLOW- UP
I controlli periodici sono previsti in base alla probabilità di
recidiva, all’aspettativa di
sopravvivenza e alle necessità individuali di ciascun paziente con particolare riferimento alla
gestione della tossicità tardiva e/ o al
supporto psicologico.
•
fino a 2 mesi dalla fine del
trattamento, visite periodiche individualizzate
atte a testare le reazioni acute dovute alla terapia effettuata;
•
a 2 mesi dalla fine della terapia,
visita clinica e RM per valutare la risposta
clinica al trattamento;
•
visite periodiche ogni 2- 3 mesi
durante il 1° e 2° anno, con RM 2 volte
all’anno;
•
visite periodiche almeno ogni 4 mesi
durante il 3° anno, con RM 2 volte
all’anno;
•
visite periodiche ogni 6 mesi durante
il 4° e 5° anno, con RM una volta ogni
12 mesi;
•
visite periodiche con frequenza
annuale e biennale per tutta la vita del
paziente.
L’obiettività rinofaringea deve prevedere l’uso di un rinoscopio a
fibre ottiche. Il controllo strumentale ogni 6 mesi deve
prevedere: a) RX torace, b) ecografia epatica, c) qualunque altro accertamento suggerito
dalla comparsa di sintomatologia sospetta
per recidiva (cioè dolore osseo persistente- localizzato, deficit di uno o più nervi cranici), d) nel sospetto clinico di tossicità tardiva
(cioè ipopituitarismo, ipotiroidismo) vanno
eseguite indagini mirate. Non sono stati
confermati, negli anni ’90, studi del decennio precedente sull’efficacia predittiva di un monitoraggio
sequenziale della sierologia EBV.
CARCINOMA RINOFARINGEO: NOTE RIASSUNTIVE
T1 N0/ N1 • radioterapia
convenzionale esclusiva sul tumore primitivo + catene linfonodali del collo; dose: 66- 70 Gy/ 6-7
settimane (dosi differenziate ad N in
funzione della categoria). T2- T3,
qualsiasi N • la
radioterapia convenzionale esclusiva non ha la stessa efficacia terapeutica rispetto ai casi precedenti;
l’associazione radiochemioterapia è in
fase di valutazione; • alte
classi di N sono associate alla possibilità di metastasi a distanza e può essere indicata una
chemioterapia adiuvante; • può
essere preso in considerazione il frazionamento non convenzionale del trattamento. T4 qualsiasi N •
radioterapia; •
terapia sperimentale (radioterapia in
associazione e nuovi farmaci di fase I
II, frazionamenti non convenzionali di radioterapia).
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