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Neoplasie maligne epiteliali delle ghiandole salivari

Neoplasie maligne epiteliali delle ghiandole salivari

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13. NEOPLASIE MALIGNE EPITELIALI 
DELLE GHIANDOLE SALIVARI 

ANATOMIA PATOLOGICA 

In rapporto alla sede di insorgenza, nonché a peculiari aspetti
clinicopatologici,  devono essere
distinte le neoplasie delle ghiandole salivari 
maggiori (parotide, sottomandibolare e sottolinguale) da quelle delle  ghiandole salivari minori (intraorali,
faringo- laringee, delle basse vie  respiratorie),
essendo le prime considerevolmente più frequenti delle  seconde. 
Per la molteplicità e le complessità degli istotipi neoplastici che possono  coinvolgere le ghiandole salivari, le
neoplasie di questi organi non possono  essere
accomunate ad altre sedi nella testa e nel collo. Col passare degli  anni si sono susseguite numerose
classificazioni che hanno utilizzato sempre 
raggruppamenti di tipo morfologico e prognostico. Le proposte
classificative  più recenti sono quella
definita dal Armed Forces Institute of Pathology  (Bethesda – USA) (1991), e quella
semplificata della World Health  Organization
(WHO 1991), maggiormente seguita in ambito europeo.  Relativamente alla classificazione, é utile
precisare alcuni aspetti, in quanto  possibili
fonti di equivoca o inadeguata interpretazione. 
Il termine “tumore misto” deve essere sostituito da
“adenoma pleomorfo”.  La
definizione di adenolinfoma o di cistoadenoma papillare linfomatoso é da  sconsigliare, suggerendosi la sua
sostituzione con tumore di Warthin o  adenoma
di Warthin per denominare questo istotipo. 
L’entità “carcinoma in adenoma pleomorfo” comprende molteplici
forme  tumorali, solitamente ben
caratterizzabili, evolutesi da un precedente 
adenoma pleomorfo, che andrebbero specificate in relazione al quadro  morfologico dominante (50% dell’area
neoplastica) con l’aggiunta dello  specificativo
“ex adenoma pleomorfo”: 


Carcinoma mucoepidermoide ex adenoma
pleomorfo 


Carcinoma adenoide-cistico ex adenoma
pleomorfo 


Carcinoma epi-mioepiteliale ex
adenoma pleomorfo 


Carcinoma squamocellulare ex adenoma
pleomorfo 


Carcinoma indifferenziato ex adenoma
pleomorfo 

L’uso del termine “tumore misto maligno” é ambiguo e,
pertanto,  sconsigliabile mentre la
definizione di “carcinosarcoma” é da riservare alle  doppie neoplasie, ovvero ai tumori da
collisione.  Il carcinoma a cellule
chiare non rappresenta un’entità definita ma piuttosto  raccoglie numerosi istotipi (carcinoma
mucoepidermoide, acinico, oncocitario  a
cellule chiare), la cui definizione é solitamente possibile con un adeguato  campionamento della neoplasia o con l’impiego
di un numero limitato di  metodiche
ancillari (istochimiche e/o immunoistochimiche). Entità autonoma  é invece da considerare il “carcinoma
jalinizzante a cellule chiare”,  recentemente
caratterizzato e non incluso nelle predette classificazioni. 

Classificazione istologica dei tumori salivari secondo WHO (Seifert
e  Sobin 1991) 

Lesioni simil-tumorali  Sialadenosi 
Oncocitosi  Sialometaplasia
necrotizzante 
Cisti salivari 
Sialadenite cronica sclerosante 
(tumore di Kuttner) 
Lesione linfoepiteliale
benigna  (sialadenite mioepiteliale) 

Iperplasia linfoide cistica in AIDS  Tumori benigni  Adenoma pleomorfo 
Mioepitelioma  Adenoma a cellule basali 
Adenoma canalicolare  Cistoadenoma (benigno)  Cistoadenoma papillifero  Cistoadenoma mucinoso 
Tumore di Warthin  (adenolinfoma) 
Oncocitoma  Papilloma duttale  Papilloma duttale invertito  Papilloma intraduttale  Sialadenoma papillifero 
Adenoma sebaceo 

Tumori maligni  Carcinomi 
Carcinoma a cellule aciniche 
Carcinoma
mucoepidermoide 
Carcinoma adenoide-cistico 
Carcinoma polimorfo a basso 
grado di malignità 
Carcinoma epi-mioepiteliale 
Mioepitelioma maligno (ca.  mioepiteliale) 
Carcinoma a cellule basali  Cistoadenocarcinoma  Papillifero 
Mucinoso 
Oncocitoma maligno (ca.  oncocitario) 
Carcinoma
in adenoma  pleomorfo 

Carcinoma duttale  Carcinoma sebaceo 
Adenocarcinoma  Carcinoma squamocellulare 
Carcinoma a piccole cellule 
Carcinoma
indifferenziato 
Altri carcinomi  Neoplasie non-epiteliali  Linfomi 
Neoplasie secondarie  Neoplasie inclassificabili 

STORIA NATURALE 

Ghiandole salivari maggiori  La parotide è la sede colpita di gran lunga più frequentemente
(80%)  mentre la sottomascellare (9%) e
la sottolinguale (1%) sono interessate in 
misura minima. Nella parotide i tumori maligni incidono con percentuali  variabili dal 17% al 34%, mentre nella
sottomandibolare sono in media il  50% e
nella sottolinguale l’85%. Le neoplasie maligne salivari hanno uno  sviluppo iniziale prevalentemente in forma
nodulare a crescita espansiva  asintomatica,
in un secondo tempo manifestano la loro malignità assumendo  aspetti infiltrativi a carico delle strutture
adiacenti con la comparsa dei  relativi
sintomi. La paralisi del nervo facciale, che è il sintomo principale di  infiltrazione maligna, compare solo nel 14%
dei casi di carcinoma parotideo. 

Distribuzione di frequenza per istotipo nella ghiandola parotide
(Ellis  1992, 493 casi) 
Benigni
Maligni 

adenoma
pleomorfo 53.0% ca. mucoepidermoide 9.6% 
altri adenomi 7.5% ca. cellule aciniche 8.6%  tumore di Warthin 7.7% adenocarcinoma 5.1%  ca. adenoideo cistico 2.0%  ca. ex ad. pleomorfo 2.5%  altri >5% 

Ghiandole salivari minori 
Le neoplasie
delle ghiandole salivari minori, globalmente considerate,  incidono per circa il 10% di tutte le
neoplasie salivari , Le forme maligne  rappresentano
in media il 50%. La sede più colpita è il cavo orale (64%). Gli  istotipi maligni più frequenti nelle salivari
minori sono il carcinoma  mucoepidermoide
(45%) e il carcinoma adenoideo cistico (28%). Anche per  queste forme l’aspetto più tipico è un nodulo
a lenta crescita sottomucosa  che si
ulcera centralmente. 

Metastasi linfonodali 
L’incidenza di
metastasi linfonodali presenti alla prima diagnosi varia dal  14% al 29%. La percentuale di metastasi
linfonodali occulte, di difficile  rilevazione,
è ragionevole considerarla intorno al 13%. 

Metastasi a distanza 
La probabilità
di avere una metastasi a distanza in 5 anni varia dal 2% circa  per il I stadio fino al 39% circa per il III
stadio. Questi valori sono tra i più  alti.
Queste percentuali rappresentano uno dei valori più alti per le neoplasie  della testa e collo. E’ tuttavia
caratteristica una lenta evolutività delle 
metastasi di particolari tipi istologici, con sopravvivenza media di 3,5
anni  dopo comparsa delle metastasi a
distanza nei casi di carcinoma adenoideo 
cistico. 

DIAGNOSI 

Diagnosi clinica  La presentazione più comune di una
neoplasia parotidea o sottomandibolare  è
una tumefazione nodulare, spesso asintomatica, scoperta per caso dal  paziente. Per le neoplasie delle ghiandole
salivari minori la sintomatologia  assume
i caratteri propri della sede in cui insorgono. Il prelievo bioptico e gli  esami strumentali eseguiti con le tecniche
proprie per il distretto di  insorgenza
permettono una corretta diagnosi. 

Diagnostica per immagini 
La radiologia
standard e la scialografia sono state completamente  abbandonate. L’ecografia rappresenta oggi
l’esame di scelta come primo  livello
diagnostico strumentale. Ha come vantaggi principali la non invasività,  il basso costo, un ottimo livello di
risoluzione, la possibilità di guidare un 
agobiopsia, la possibilità di effettuare nella stessa seduta anche un
esame  rapido delle stazioni linfatiche
cervicali. Ha lo svantaggio di non consentire lo  studio della ghiandola nel suo insieme, in
particolare di non visualizzare bene  le
porzioni al di sotto dell’osso mandibolare. Con l’avvento della RM, questa  tecnica ha gradualmente sostituito la TC
nella valutazione delle lesioni delle  ghiandole
salivari per una migliore definizione dei tessuti molli. Sia la TC che  la RM forniscono informazioni attendibili
sulla localizzazione intrinseca o  estrinseca
alla ghiandola e sull’estensione di malattia. La scintigrafia salivare  ha impiego clinico limitato alla diagnosi di
cistoadenolinfoma. Di recente  impiego
sperimentale è la tomografia ad emissione positronica (PET), ancora  da valutare. 

Algoritmo diagnostico  Citologia  L’esame citologico da aspirato con ago sottile (FNA) è in grado di
attribuire  l’origine salivare e
distinguere tra patologie neoplastiche e non neoplastiche,  permettendo di evitare l’intervento in circa
un terzo dei soggetti. Tuttavia, a  causa
della notevole complessità cito-architetturale delle neoplasie salivari e  delle similarità morfologiche esistenti tra
numerosi istotipi, la FNA risulta  affidabile
per diagnosticare non più dell’80% dei carcinomi salivari. 

Esame estemporaneo intraoperatorio  Per le medesime considerazioni esposte a proposito della FNA,
l’impiego di  questa procedura deve
limitarsi a casi con indicazioni selezionate per la  soluzione di specifici quesiti
clinico-patologici. L’esame intraoperatorio risulta  diagnostico per malignità in circa il 77% dei
casi, mostrando, come la FNA, i  limiti
maggiori nelle medesime categorie di pazienti, per cui il loro uso  combinato nello stesso caso non incrementa la
sensibilità complessiva di tali  procedure
diagnostiche. 

STADIAZIONE 

Per avere una corretta stadiazione clinica della neoplasia
primitiva è  necessario avere:  3. una diagnosi di malignità  4. tutte le informazioni relative alla storia
clinica  5. almeno un esame di
diagnostica per immagini. 

Classificazione clinica TNM (UICC, 1997)  La classificazione TNM di seguito riportata si riferisce alle
neoplasie insorte  nelle ghiandole
salivari maggiori mentre per quelle delle ghiandole minori  devono essere seguiti i criteri specifici dei
singoli organi in cui esse sono  insorte. 
T Tumore
primitivo  Tx Tumore primitivo non
definibile  T0 Tumore primitivo non
evidenziabile  T1 Tumore di dimensione
massima inferiore a 2 cm senza estensione 
parenchimale  T2 Tumore di
dimensione massima compresa tra 2 e 4 cm senza 
estensione parenchimale  T3  Tumore con estensione extraparenchimale,
senza interessamento del  settimo nervo
cranico e/o di dimensione massima compresa tra 4 e 6  cm  T4
Tumore che invade la base cranica, il settimo nervo e/o di dimensione  massima superiore a 6 cm 
La classificazione di N e M è la stessa che per le
altre localizzazioni. 
Raggruppamento in stadi  Stadio I T1
N0 M0  T2 N0 M0  Stadio II T3 N0 M0  Stadio III T1 N1 M0  T2 N1 M0 
Stadio IV T4 N0 M0  T3 N1 M0  T4 N1 M0 
ogni T N2 M0  ogni T N3 M0  ogni T ogni N M1 

TERAPIA CHIRURGICA 

Il trattamento di queste neoplasie è tradizionalmente chirurgico,
anche se  recenti lavori clinici hanno
contribuito a modificare il concetto di  radioresistenza
di questi tumori dimostrando che diversi istotipi tumorali  sono relativamente sensibili alle radiazioni
ionizzanti. Il successo del  trattamento
è ancora non soddisfacente in considerazione della loro  tendenza a ripresentarsi sia localmente che a
distanza. Se miglioramenti si  sono
ottenuti nel controllo loco- regionale e nelle riduzione dei deficit  estetico- funzionali locali, poco si è fatto
nel contenimento delle riprese a  distanza.
Nel delineare le strategie terapeutiche tutti gli autori hanno cercato  di utilizzare variamente i fattori
prognostici per l’individuazione di una classe 
a basso rischio in cui è corretta l’indicazione alla sola chirurgia
conservativa. 

A livello parotideo 
L’intervento
minimo necessario è una parotidectomia superficiale  conservativa in quanto è opportuno che
l’intervento iniziale sia almeno il  minimo
necessario ad evitare di dover effettuare interventi di  radicalizzazione successiva. Il sacrificio
del nervo facciale è programmabile  preoperatoriamente
solo in presenza di paralisi clinica In tutti gli altri casi la  decisione è intraoperatoria e non
condizionata dall’istologia . La  conservazione
del nervo facciale è giustificata tutte le volte in cui la sua  liberazione dalla neoplasia avviene senza
difficoltà, cioè quando non è  presente
invasione macroscopica. 

A livello sottomandibolare 
L’alta
incidenza di neoplasie maligne in questa ghiandola con la prevalenza  del carcinoma adenoideo cistico, giustificano
un atteggiamento aggressivo  basato
sull’esecuzione sempre di una scialoadenectomia associata allo  svuotamento linfonodale sottomandibolare, più
o meno esteso alle strutture  osteo-
vascolo- nervose eventualmente invase. 
A livello delle ghiandole salivari
minori 
Ciascun caso ricade nelle indicazioni
terapeutiche della sede in cui si è  presentato.
In linea generale possiamo sottolineare che la scelta chirurgica  rimane prevalente rispetto a quella radioterapica
e che è necessario porre  grande
attenzione in questi casi nella ricerca della radicalità perché spesso la  presentazione clinica apparentemente
favorevole (presenza di capsula,  margini
non infiltranti) contrasta con una notevole tendenza alla diffusione  microscopica centrifuga. 

Terapia delle aree linfatiche  Il trattamento delle aree linfatiche cervicali presenta ancora
alcuni aspetti  che necessitano un
chiarimento. In presenza di metastasi linfonodali, cliniche  o radiologicamente evidenziate, lo
svuotamento chirurgico migliora la  sopravvivenza.
Ancora controversa è l’indicazione alla terapia profilattica in  pazienti N0. Basandosi su dati recenti di
analisi multivariate (Frankenthaler,  1993)
si potrebbero considerare ad alto rischio di metastasi occulte, e quindi  da sottoporre a trattamento postoperatorio su
N omolaterale, tutti i soggetti  N0 che
presentano: paralisi facciale, lesioni ad alto grado di malignità,  invasione perilinfatica peritumorale o
estensione extraghiandolare. 

TIPI DI INTERVENTI 

Con il passare degli anni e l’affinamento delle tecniche
chirurgiche è stato  possibile definire
con una certa precisione la tipologia degli interventi  ammessi in caso di neoplasia maligna delle
ghiandole salivari maggiori: 


parotidectomia superficiale
conservativa
:
si asporta il lobo  superficiale della
ghiandola parotide, previa dissezione e  conservazione
del nervo facciale; 


parotidectomia totale conservativa: si asporta tutto il parenchima  ghiandolare parotideo conservando l’integrità
del nervo facciale; 


parotidectomia totale radicale: si asporta tutto il parenchima  ghiandolare parotideo comprendendo nel blocco
di resezione anche  il nervo facciale
sezionato a livello dell’emergenza extracranica; 


parotidectomia radicale allargata: si effettua una parotidectomia  totale radicale estendendo la resezione in
blocco alle strutture  adiacenti invase
dalla neoplasia (cute, osso temporale, mandibola,  vasi, nervi) in funzione delle necessità del
singolo caso; 


svuotamento sottomandibolare: l’intervento comporta  l’asportazione in blocco della ghiandola
sottomandibolare e del  cellulare lasso
adiacente che contiene le strutture linfatiche della  loggia sottomandibolare; 


svuotamento sottomandibolare
allargato
: come il precedente  estendendo la resezione in blocco anche alle
strutture limitrofe  invase dalla
neoplasia (cute, mandibola, vasi, nervi) in funzione  delle necessità del singolo caso. 

RADIOTERAPIA  Il ruolo della radioterapia è
prevalentemente adiuvante dopo chirurgia in 
caso di lesioni ad alto rischio di ricaduta locale. La radioterapia
esclusiva ad  intento radicale può essere
indicata in situazioni non resecabili o in pazienti  inoperabili per condizioni generali o età
avanzata.  Volumi bersaglio. Nei
tumori della parotide il volume bersaglio minimo deve  includere la loggia parotidea ed i linfonodi
del collo superiore (sottodigastrici,  trigono
retrospinale). Questo volume può essere più ampio quando è elevato  il rischio di interessamento perineurale. Per
la radioterapia dei tumori delle  ghiandole
salivari sottomandibolari il volume bersaglio include la loggia  sottomandibolare, parte del cavo orale, la
fossa pterigomascellare e le aree  linfonodali
dell’emicollo omolaterale.  Dosi. La
maggior parte dei centri di radioterapia adotta la dose  postoperatoria di 60 Gy in 6 settimane (2 Gy/
die) in presenza di alto rischio  di
malattia microscopica, e le dosi di 66- 70 Gy in caso di residuo  macroscopico post- chirurgico o di malattia
non resecata. La dose di  radioterapia
consigliata sulle aree a basso rischio di malattia subclinica è  invece contenuta a 50- 55 Gy in 25- 28
sedute. 

Metodiche di radioterapia alternativa o complementari  Nelle situazioni di malattia tumorale non resecabile sono state
esplorate  nuove metodiche di
radioterapia:  1. la brachiterapia
interstiziale che prevede l’infissione di preparati  radioattivi (es. Iridio 192) nel contesto del
tumore.  2. la radioterapia a fasci
esterni di neutroni veloci (attualmente non 
disponibile in Italia), che sembra migliorare la prognosi dei pazienti  con malattia avanzata o recidivata.  3. la radioterapia a frazionamento non
convenzionale (due o più  sedute
giornaliere) che è indicata prevalentemente nel trattamento  dei carcinomi ad istologia squamocellulare. 

PROTOCOLLO TERAPEUTICO DI T 

Parotide 

a) in caso di nodulo mobile, <4cm, senza segni di estensione
locale (T1-T2)  si effettua una
parotidectomia superficiale se è del lobo superficiale/inferiore  o una parotidectomia totale se è del lobo
profondo, entrambe conservative: 


se l’istologia definisce una
neoplasia a bassa malignità non si fa  altro; 


se l’istologia definisce una
neoplasia a media od alta malignità o se 
manca la radicalità si fa seguire radioterapia sul letto operatorio; 

b) in caso di nodulo mobile >4cm, senza segni di estensione
locale (T3) si  effettua una
parotidectomia totale conservativa seguita da radioterapia in  tutti i casi; 

c) in caso di nodulo di qualunque dimensione con paralisi del
nervo facciale o  segni di estensione
locale clinici o intraoperatori, (T3- T4) si effettua una  parotidectomia totale radicale ± allargata
seguita da radioterapia in tutti i  casi;  d) in caso di neoplasia inoperabile si
effettua radioterapia esclusiva. 

Sottomandibolare 

Si esegue in tutti i casi una scialoadenectomia con svuotamento  sottomandibolare ± allargato.  Per le neoplasie <4 cm, senza estensione
locale e a basso grado di malignità  è
sufficiente la terapia chirurgica; in tutti gli altri casi è indicata la  radioterapia postoperatoria eventualmente
estesa al collo per l’alta  probabilità
di metastasi occulte linfonodali. 

PROTOCOLLO TERAPEUTICO DI N 

a) in caso di N+ clinico/ radiologico si esegue in blocco
lo svuotamento  linfonodale
laterocervicale e sottomandibolare eventualmente seguita da  radioterapia postoperatoria; 

b) in caso di N0 se tumore <4cm. (T1- T2), a basso grado
di malignità senza  segni clinici o
patologici di estensione locale: nessuna terapia. In tutti gli altri  casi è indicata la radioterapia postoperatoria
sul collo omolaterale 

RISULTATI E FATTORI PROGNOSTICI 

Recidive locali  La frequenza di recidiva locale nei
tumori maligni salivari è molto alta e  tende
a essere maggiore nelle forme ad alta malignità e di stadio avanzato;  raramente è una recidiva linfonodale. Il
tempo medio di comparsa della  recidiva è
11 mesi (range 1 mese – 19 anni). Un netto miglioramento del  controllo locale si è avuto dall’introduzione
della radioterapia postoperatoria  nei
soggetti ritenuti a maggior rischio, passando dal 53% medio della sola  chirurgia ad un valore medio del 80.5% a 5
anni dopo trattamento  radiochirurgico. 

Sopravvivenza  La sopravvivenza dei pazienti affetti
da neoplasie salivari andrebbe valutata  dopo
prolungata osservazione clinica in quanto, per la loro particolare  biologia questi tumori possono avere
un’evoluzione molto lenta. I fattori  condizionanti
la prognosi sono: lo stadio, l’istotipo, il grading, la sede.  Stadio 
I dati qui riportati si riferiscono a sopravvivenze libere da
malattia. Lo stadio  I ha una probabilità
di sopravvivenza media di 90% a 5 anni, 75% a 10 anni.  Lo stadio II ha una sopravvivenza del 75% a 5
anni e 60% a 10 anni. Lo  stadio III ha
una sopravvivenza di circa il 50% a 5 anni che scende a 25 % a  10 anni. Lo stadio IV ha una sopravvivenza
del 10% circa, sia a 5 che 10  anni.  Istotipo 
Le neoplasie a migliore prognosi sono il carcinoma a cellule
aciniche e il  carcinoma mucoepidermoide
con valori di sopravvivenza media per entrambi 
di 85% a 5 anni e 80% a 10 anni). Per gli altri istotipi la
sopravvivenza  continua a diminuire
progressivamente fino a valori medi da 18% a 48% a  10 anni. 
Grading  Il grado di
malignità rappresenta un importante elemento di valutazione ai  fini della definizione prognostica e della
programmazione terapeutica. Ai fini  della
attribuzione del grado istologico, non esistono criteri univoci per tutti i  carcinomi salivari. Ferma restando la
suddivisione in tre gradi (I-II-III), per 
alcuni carcinomi la sola definizione dell’istotipo implica l’attribuzione
del  grado, in virtù del peculiare
comportamento biologico di tali istotipi, come di  seguito riportato:  – Grado I: carcinoma acinico, carcinoma a
cellule basali, adenocarcinoma  polimorfo
a basso grado di malignità;  – Grado II:
carcinoma epimioepiteliale, carcinoma mucinoso, carcinoma  sebaceo, cistoadenocarcinoma, carcinoma
mioepiteliale (mioepitelioma  maligno);  – Grado III: carcinoma squamocellulare,
carcinoma oncocitario, carcinoma  dottale,
carcinoma adenosquamoso, carcinomi ex adenoma pleomorfo.  – A differenza degli istotipi precedentemente
menzionati, i carcinomi  mucoepidermoide
ed adenoide-cistico vengono distinti ciascuno in 3  differenti gradi di aggressività biologica,
in relazione alla valutazione di  peculiari
parametri istomorfologici.  Sede  I carcinomi insorti nelle ghiandole
sottomandibolari hanno prognosi peggiore 
con variabile sopravvivenza a 10 anni (22- 35%), rispetto ai
corrispondenti  istotipi insorti nella
ghiandola parotide che mostrano sopravvivenza 
compresa tra il 30% e il 55% a 10 anni. 
Per le ghiandole salivari minori, i carcinomi del palato mostrano di
solito una  buona prognosi (40-60% a 10
anni), mentre carcinomi insorti in sedi quali i 
seni mascellari o la laringe hanno sopravvivenze molto basse (15-30% a
10  anni).  Altri fattori che condizionano la prognosi in
senso sfavorevole sono: la  presenza di
paralisi del nervo facciale; l’età >60 anni; la non radicalità  chirurgica (limitatamente al I e II stadio) 

FOLLOW-UP 

L’esame clinico rimane l’elemento cardine del controllo loco-
regionale di  questi malati, va eseguito
periodicamente con cadenze bi o trimestrali per i  primi due o tre anni e successivo
allungamento scalare fino ad un controllo 
annuale dopo 5 anni. I controlli vanno proseguiti fin oltre i 10 anni
per la  caratteristica lenta evolutività
di queste neoplasie. Per il controllo delle 
metastasi a distanza solo la radiografia standard del torace, da
eseguire una  volta l’anno, ha mostrato
un rapporto costi/ benefici vantaggioso. 
Non esistono attualmente indagini sierologiche o markers tumorali che  possano essere impiegati utilmente nel
follow- up di questi pazienti. 

DIRETTIVE FUTURE 

Due sembrano le possibili strade da intraprendere per modificare
non solo la  prognosi di questi malati ma
anche la loro qualità di vita dopo la terapia: 
1. l’individuazione di terapie sistemiche che possano ridurre  l’incidenza di metastasi a distanza  2. la definizione preoperatoria di
caratteristiche biologiche delle  neoplasie
salivari che permettano di individuare i casi a basso  rischio in cui limitare al minimo l’atto
terapeutico.  Negli ultimi anni comincia
ad essere considerevole lo sforzo dei ricercatori  nel tentativo di identificare dei fattori
biologici che possano esprimere le  caratteristiche
di aggressività intrinseche delle neoplasie (PCNA, Ki- 67, p53  e cerbB2). I risultati sono sicuramente
promettenti ma ancora da  considerare
sperimentali e non applicabili clinicamente. 

BIBLIOGRAFIA
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122 

14. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA 
GENERALE 

Sebbene, come si è visto nei precedenti capitoli, i tumori della
testa e del  collo costituiscano un
gruppo eterogeneo di neoplasie sia dal punto di vista  istologico che prognostico, essi presentano
per il Medico di Medicina  Generale (MMG)
una caratteristica comune: la possibilità di una diagnosi  precoce mediante anamnesi ed esame clinico,
in particolare per le sedi più  frequenti.  In assenza, al momento attuale, di un esame
di screening validato (alcuni  studi
pilota, anche italiani, indicherebbero l’utilità di una valutazione ORL nei  soggetti a rischio per tumore del cavo orale,
laringe e faringe) il MMG deve  svolgere
un ruolo importante: 


nella prevenzione con azione individuale e/ o di gruppo
per  l’eliminazione dei fattori di
rischio, in particolare fumo e alcool.  Infatti,
molti lavori hanno evidenziato la superiorità dell’intervento  del MMG rispetto a campagne volte
direttamente alla popolazione.  Per fare
ciò è necessario registrare le abitudini a rischio nella  cartella clinica in modo tale da essere
evidenziate alla visita (cosa  evidentemente
più semplice per gli utilizzatori di cartelle 
informatizzate) e conseguentemente dare e successivamente  rafforzare i messaggi sui danni possibili,
motivare alla loro  eliminazione e
indicare le metodiche d’aiuto in tal senso 
(farmacologiche, psicologiche, di gruppo). 


nella diagnosi precoce, valutando periodicamente i soggetti
a  rischio per i tumori più frequenti
(cavo orale e laringe) mediante  l’effettuazione
di un esame obiettivo: 


del labbro (lesioni erosive a lento
accrescimento) 


della cavità orale e dell’orofaringe (chiazze discromiche rosse o  biancastre della mucosa, tumefazioni
palpabili, ulcerazioni) 


delle ghiandole salivari, oltre che delle stazioni
linfonodali
del  collo (tumefazioni
palpabili); è fondamentale ricordare che in  questo tipo di pazienti la patologia tumorale
loco- regionale  è di gran lunga più
frequente delle emopatie


anche se la parte più caudale
dell’orofaringe (base lingua e  vallecole)
e la laringe non sono normalmente esplorabili da parte  del medico di medicina generale, è opportuno
porre la massima  attenzione e farla
porre ai soggetti a rischio sulla disfoniadisfagia, inviando a visita ORL tutti
i soggetti a rischio con disfonia  perdurante
da più di tre settimane. Considerando in questa 
situazione una probabilità a priori di malattia (tumorale o lesione  precancerosa) del 20%, la visita ORL
completata con laringoscopia  fibroscopica
(sensibilità e specificità intorno al 90%) dà una  probabilità a posteriori del 70% e pertanto è
particolarmente  efficace.  Questo tipo di valutazione richiede una
strumentazione banale (piletta e  abbassalingua),
il normale tempo di una visita (10- 15 minuti) ed ha un  ottimo impatto nel rapporto medico- paziente.  In tal senso potrebbe essere utile
inserire per tutti i soggetti maschi  con
più di 40 anni fumatori e bevitori (individuati come detto sopra)  uno scadenzario annuale (per gli
informatizzati mediante “time  alarm”
evidenziato all’apertura della cartella del paziente e anche di  un familiare) che comprenda le valutazioni
sopra riportate. 
Ci sembra
importante, inoltre, concordare con l’otoiatra di riferimento una  via preferenziale per l’invio dei pazienti
con lesioni evidenziate o sospettate.  Per
la diagnosi precoce dei tumori delle cavità nasali, dei seni paranasali e  del rinofaringe, e dell’ipofaringe, peraltro
più rari nel nostro paese e  comunque non
facilmente individuabili con l’esame obiettivo, non ci sembra  utile proporre una vigilanza programmata, ricordandosi
peraltro di prestare  attenzione a
sintomi come l’odinofagia, la disfagia, l’anosmia persistente, le  epistassi monolaterali ricorrenti. Se
l’attività di prevenzione e diagnosi  precoce
è quella di maggiore utilità sul piano sociale, il compito del MMG non  si esaurisce qui. Egli infatti sarà
certamente consultato dal paziente o dai 
suoi familiari sull’iter diagnostico, sulle scelta terapeutiche e le
loro possibili  conseguenze.  È molto importante pertanto un confronto
continuo con l’équipe specialistica  di
riferimento per fornire indicazioni univoche, ma anche per contribuire con  la propria conoscenza “globale” del
paziente, delle sue condizioni generali, 
delle patologie associate e del contesto socio- ambientale, ad
individuare  l’iter più adeguato.  Successivamente il MMG dovrà porre attenzione
all’adesione ad un followup  corretto,
evitando di far sottoporre il paziente a procedure diagnostiche  inutili e costose, ma tenendo anche conto
d’eventuali necessità di ricerca (di  cui
peraltro è necessario sia informato!).  L’aumentato
rischio di un secondo tumore nei pazienti già affetti da una  neoplasia di questo distretto dovrà impegnare
il medico in un’opera di  rafforzamento
dell’astensione dai fattori di rischio.  Infine
resta fondamentale il suo ruolo nel seguire i pazienti non trattabili o  terminali, come peraltro già ampiamente
esposto nelle linee guida di altre  neoplasie. 

BIBIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 

1. Strecher VJ, Kreuter M, Den Boer D- J,
et al. The effects of computer- tailored 
smoking cessation messages in family practice settings. J. Fam. Pract.,
39:  262- 70, 1994.  2. Fleming MF, Barry KL, Manwell LB, Johnson
K, London R. Brief physician  advice for
problem alcohol drinkers. A randomized controlled trial in  community- based primary care practices.
JAMA, 277: 1039-1045, 1997. 
3. Amadori D., Cancian. Oncologia e Medicina Generale. Ed. Mediserve 125 

15. DIRETTIVE FUTURE 

Gli attuali indirizzi di ricerca, peraltro concretizzati in una
miriade di studi  clinici nazionali ed internazionali,
sono soprattutto rivolti verso due direttrici 
strategiche: da un lato la conservazione d’organo con preservazione
delle  funzioni fondamentali
(respirazione, deglutizione, fonazione), dall’altro  l’approccio multidisciplinare, inteso sia come
metodologia volta ad integrare  differenti
procedure terapeutiche “conservative” sia, soprattutto, come  strategia terapeutica altamente aggressiva
finalizzata ad incrementare, nelle  neoplasie
avanzate, i risultati terapeutici storicamente molto deludenti. In  sintesi le ricerche attuali sono indirizzate
a:  1. migliorare la qualità di vita di
pazienti convenzionalmente “curabili” 
solo mediante una terapia invalidante; 
2. incrementare la qualità di vita di pazienti affetti da neoplasie  convenzionalmente “incurabili”.  Nell’uno e nell’altro caso tutte le terapie
storiche sono impegnate verso un  trend
di ottimizzazione: 
la
chirurgia attraverso lo sviluppo di tecniche ricostruttive associate  ad interventi demolitivi; 

la radioterapia, attraverso l’ottimizzazione
tecnica e biologica dei  trattamenti; 

la chemioterapia, attraverso
sperimentazione di nuovi farmaci e,  soprattutto,
di associazioni sequenziali e/ o concomitanti (a dosi  terapeutiche) sia con la chirurgia sia con la
radioterapia.  A questo si deve
aggiungere il complesso sforzo volto a sviluppare quel  particolare approccio medico- internistico
che con il termine di Terapie di  Supporto
indica l’insieme di provvedimenti medici finalizzati a mantenere un  ottimale stato metabolico- nutrizionale in
pazienti che, sottoposti a  trattamenti
tanto più efficaci quanto più aggressivi, rischiano di precipitare in  una tossicità acuta irreversibile. 

PROSPETTIVE DELLA PREVENZIONE 

La maggioranza dei tumori di testa e collo sarebbe evitabile con una  diminuzione del fumo di tabacco e dell’abuso
di alcool. Anche in età  avanzata, la
cessazione del fumo è auspicabile, soprattutto per il tumore del  cavo orale il cui rischio dimimuisce negli
ex- fumatori più rapidamente che  nel
tumore del polmone. 

PROSPETTIVE DELLA CHIRURGIA 

Contrariamente a quanto riportato spesso in letteratura,
soprattutto non  chirurgica, i risultati
a distanza dei trattamenti chirurgici sono migliorati  significativamente negli ultimi 15 anni,
grazie all’utilizzazione di metodiche  ricostruttive
sempre più affidabili. Da queste hanno tratto maggior  vantaggio, in termini di sopravvivenza,
soprattutto i pazienti con neoplasie  avanzate,
quelle cioè ritenute in precedenza inoperabili, ma che nello stesso  tempo continuano a trovare, assai scarsi
risultati con l’impiego di trattamenti  alternativi,
principalmente rappresentati dalla radioterapia convenzionale.  delle grandi demolizioni hanno visto ridotto
in modo consistente il loro peso  in
termini di disabilitazione funzionale. I più significativi programmi in questo  campo si sono verificati nelle localizzazioni
orali e orofaringee e d’altra parte  le
stesse tecniche ricostruttive hanno permesso di eseguire con maggiore  frequenza e affidabilità il salvataggio
chirurgico di recidive o mancate  guarigioni
dopo radioterapia oggetto in passato di sole cure palliative. Ciò ha  reso in qualche modo più tranquilli i
radioterapisti, inducendoli ad allargare 
le indicazioni a trattamenti conservativi, sviluppando metodiche  radioterapiche non convenzionali (incremento
delle dosi, frazionamenti  particolari),
e combinazioni chemioradioterapiche. Purtroppo i risultati fin qui  riscontrati, in termini di sopravvivenza, pur
migliorati rispetto agli approcci  convenzionali,
rimangono lontani da quelli conseguiti dalla chirurgia primaria  (anche se per lo più associata a radioterapia
postoperatoria), nelle neoplasie  localmente
estese (T3-T4), soprattutto della cavità orale, dell’orofaringe,  dell’ipofaringe, delle cavità paranasali. E’
verosimile che in questi casi, in cui  la
necessità di sopravvivenza gioca un ruolo predominante sulla qualità di  vita, la chirurgia demolitiva continui per un
certo tempo a rappresentare una  scelta
obbligata. E’ anche probabile che la messa a punto di ulteriori tecniche  ricostruttive e soprattutto la loro
applicazione e diffusione possa  ulteriormente
ridurre le conseguenze disfunzionali ed estetiche delle  demolizioni. 
Per contro, il ruolo della chirurgia tende a ridursi nelle neoplasie
meno  estese, soprattutto se a miglior
prognosi generale, come quelle della laringe, 
della tonsilla, delle labbra, in cui le differenze in termini di
guarigione locale  fra chirurgia e
radioterapia sono assai più tenui. In questi casi, in cui gli  aspetti funzionali vanno doverosamente
considerati, il ruolo della chirurgia  deve
porsi come secondario, quale salvataggio degli insuccessi della  radioterapia. Ne è un esempio basilare il
cancro della laringe, in cui la scelta  tra
l’una e l’altra metodica dipende, già nei tumori più limitati, da aspetti  prevalentemente funzionali ed ha stimolato
l’utilizzazione di articolate  sequenze
chemio-radioterapiche nelle forme più estese, suscettibili di sola  laringectomia totale, nell’ottica del
risparmio funzionale.  Le prospettive
della chirurgia ricostruttiva ben si sposano con il ruolo della  chirurgia di salvataggio dopo trattamenti
radio-chemioterapici, quando  questi
vengono eseguiti nell’ambito di terapie multidisciplinari accuratamente  programmate. La programmazione terapeutica è
un’esigenza assoluta  quando si
affrontano situazioni oncologiche non iniziali. Essa deve basarsi su  precisi protocolli che richiedono la
compartecipazione collegiale di chirurghi, 
radioterapisti e oncologi medici, con esperienza specifica nel campo dei  tumori maligni cervico- facciali, in grado di
lavorare assieme. Tale  competenza può
essere ritrovata ad un livello elevato solo in Centri, che  dovrebbero fungere da Centri di Riferimento. 

PROSPETTIVE DELLA RADIOTERAPIA 

Sotto il profilo tecnico l’obiettivo della radioterapia è
sostanzialmente quello  di erogare la
dose più elevata possibile al volume bersaglio tumorale e la  dose più bassa possibile ai tessuti sani
circostanti. Sono in fase di sviluppo,  ma
non ancora entrate nella routine clinica, sofisticate procedure che  attraverso dispositivi di collimazione
personalizzata sulla scorta di una  ricostruzione
tridimensionale delle strutture anatomiche indagate mediante  TC consentiranno (tramite adeguato supporto
informatico) di realizzare  volumi di
trattamento radiante precisamente conformati al volume bersaglio.  Ovviamente questa elevata precisione richiede
non solo una notevole  accuratezza
esecutiva ma anche la disponibilità di idonei strumenti di  verifica, con particolare riferimento ai
cosiddetti sistemi di imaging portale  elettronico
(EPID) il cui sviluppo tecnologico e la cui diffusione rappresentano  uno dei futuri traguardi della radioterapia.  Sotto il profilo biologico le principali
linee di ricerca si fondano da un lato  sulla
“personalizzazione” del frazionamento della dose in ragione delle  caratteristiche proliferative della
popolazione neoplastica, dall’altro sul  potenziamento
dell’effetto biologico dell’irradiazione attraverso una stretta  integrazione con farmaci antiblastici.
Appartengono alla prima linea di ricerca 
i numerosi studi clinici volti a saggiare l’utilità dei cosiddetti
frazionamenti  non convenzionali della
dose
(iperfrazionamento, frazionamento accelerato).  In vari ambiti oncologici i frazionamenti non
convenzionali sono oggetto di  studi, ma
è soprattutto nelle neoplasie della testa e del collo che, negli anni  più recenti, sono stati sviluppati numerosi
protocolli clinici, pochi dei quali  hanno
tuttavia fino ad ora dimostrato un reale vantaggio terapeutico del  frazionamento alterato. E’ verosimile che un
progresso significativo in questo  settore
potrà essere raggiunto quando sarà possibile definire per ogni  neoplasia il corretto timing di erogazione
della dose in funzione delle  caratteristiche
cinetiche della popolazione cellulare.  Anche
relativamente all’integrazione radiochemioterapica le letteratura  specialistica recente è ricca di risultati di
sperimentazioni cliniche ancora  lungi
tuttavia dal dimostrare che l’irradiazione associata alla chemioterapia è  sicuramente più efficace della sola
radioterapia. La tendenza moderna è  volta
soprattutto all’impiego dei farmaci antiblastici in regime concomitante  alla radioterapia (cioè somministrati
contemporaneamente al trattamento  radiante)
e ciò ha un preciso “razionale”. Da un lato, infatti, la  somministrazione concomitante anziché
neoadjuvante evita di ritardare la  somministrazione
della modalità terapeutica principale, ovvero la  radioterapia, dall’altra è verosimile che una
somministrazione  contemporanea impedisca
alla chemioterapia una selezione di cloni cellulari  radioresistenti. 

PROSPETTIVE DELLA CHEMIOTERAPIA 

Il regime chemioterapico considerato standard, per le neoplasie  spinocellulari della testa e del collo, è
ancora la combinazione di cisplatino e  5-fluorouracile
come proposta da Muihi Al-Sarraf quasi 20 anni fa o le sue  successive modificazioni. Negli ultimi anni
si è però assistito all’introduzione  nella
pratica clinica di nuovi farmaci che hanno mostrato attività nei tumori  spinocellulari della testa e del collo. Fra
questi farmaci ricordiamo, a scopo  esemplificativo,
i taxani o la gemcitabina. Altri farmaci come il “MTA”  (Multiple Target Antimetabolite), si stanno
affacciando alla sperimentazione  clinica.
Ulteriori sviluppi si possono prevedere da molecole con impostazioni  completamente nuove, come gli inibitori dei
recettori per l’Epidermal Growth  Factor
(EGF), il cui meccanismo d’azione li avvicina più ai modificatori  biologici della risposta (BRM), che non ai
classici antiblastici.  E’ però
dall’integrazione di chemioterapia e radioterapia che è lecito  attendersi nel prossimo futuro i più
importanti risultati. La chemioterapia può 
essere inserita in un protocollo integrato di chemio-radioterapia nei
casi  inoperabili o nei casi in cui il
risultato chirurgico (probabilità di guarigione) è  basso e per contro l’intervento richieda
pesanti demolizioni con danni  funzionali
e cosmetici elevati. E’ necessario innanzi tutto precisare che i  trattamenti integrati prevedono l’uso della
chemioterapia simultaneamente  alla
radioterapia o cicli rapidamente alternati (senza intervalli) di  radioterapia e chemioterapia. I trattamenti
sequenziali, quali la  chemioterapia
adiuvante (post- radioterapia) o neoadiuvante (preradioterapia)  non rientrano fra i trattamenti
“integrati” propriamente detti. 
La differenza è sostanziale, poiché mentre i trattamenti sequenziali non
si  sono mai dimostrati superiori alla
sola radioterapia negli studi randomizzati 
condotti a partire dagli anni ’80, esistono oggi solide evidenze che i  trattamenti integrati sono superiori alla
sola radioterapia. Lo sforzo in questo  settore
è rappresentato, oltre che dall’introduzione di nuove molecole e  nuove schemi, anche dal controllo della
tossicità correlata al trattamento.  I
positivi risultati ottenuti in clinica con l’integrazione di chemio e  radioterapia, rappresentano un raro esempio
di corrispondenza fra teoria,  dati
sperimentali e dati clinici. Infatti, l’uso dell’integrazione si basa su  osservazioni in vivo che hanno dimostrato
come i farmaci antiblastici  possano
bloccare i sistemi cellulari di riparo del danno indotto al DNA dalla  radioterapia, in questo modo aumentando il
numero di cellule uccise dalle  radiazioni.
L’aumentata morte cellulare permette una più rapida  reossigenazione degli strati più interni
delle masse neoplastiche, aree  ipossiche
radioresistenti, rendendole a loro volta più sensibili ed instaurando  così un meccanismo a cascata che comporta una
maggior frequenza di  sterilizzazione
della massa neoplastica. In effetti, gli studi condotti in Italia  hanno dimostrato, in linea con quanto sopra,
che i trattamenti integrati  raddoppiano
la percentuale di risposte complete rispetto alla sola  radioterapia, e riducono del 50% le recidive
nel territorio irradiato. Poiché  nelle
neoplasie delle vie aero- digestive superiori, come le neoplasie della  laringe, la causa di morte di gran lunga più
frequente è proprio la recidiva  locale,
questo trattamento ha permesso di raddoppiare la quota di  guarigioni, intese come pazienti vivi e
liberi da malattia a 5 anni.  Vista
l’alta efficacia dimostrata con l’integrazione chemio-radioterapica, sono  in corso studi che confrontano questo
approccio al trattamento classico di  chirurgia
demolitiva- radioterapia post- operatoria nei tumori della laringe.  Questi studi, condotti dall’Organizzazione
Europea per la Ricerca sulla  Terapia del
Cancro (EORTC) necessitano ancora di molti anni prima di poter  dare risultati definitivi. L’obiettivo
evidente è comunque quello di preservare 
la laringe dal trattamento chirurgico “ab initio”,
riservandolo solo ai casi  recidivati. E’
da notare che la chirurgia di salvataggio dopo trattamento  integrato è fattibile e non gravata da eventi
avversi superiori, rispetto al  trattamento
chirurgico, nel paziente non precedentemente trattato.  In conclusione, possiamo dire che
miglioramenti significativi potranno essere 
ottenuti con lo sviluppo dei trattamenti integrati di chemio e
radioterapia e  che i nuovi farmaci già a
disposizione o prossimi a divenire disponibili nella  pratica clinica, potranno ulteriormente
migliorare quanto già ottenuto con  l’uso
del cisplatino o 5-fluorouracile. E’ auspicabile che l’approccio integrato  potrà essere utile anche come sistema di preservazione
da interventi  chirurgici demolitivi,
come quelli richiesti oggi per molti tumori della laringe.
 

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