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Osteoartrosi – Sintomi – Diagnosi – Terapia

Osteoartrosi – Sintomi – Diagnosi – Terapia

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SINONIMI:

Artrosi deformante, artrosi, osteoartrite

DEFINIZIONE:

Malattia degenerativa cronica, di tipo progressivo che colpisce learticolazioni.Caratterizzata da alterazioni a carico dellacartilagine articolaree dalla formazione reattiva di tessuto osseo a livello subcondrale e dei margini articolari.

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO:

La causa dell’artrosi è sconosciuta; si pensa che la malattia sia “multifattoriale”, cioè provocata da più cause compresenti. Si può affermare in generale che lo stato di equilibrio articolare è mantenuto da un carico normale esercitato su una cartilagine normale, quindi tutti i fattori capaci di modificare questo stato possono essere considerati fattori di rischio. Lo squilibrio può derivare dall’influenza abnorme dei fattori che agiscono sul carico (sollecitazioni meccaniche, obesità, malformazioni, traumi e microtraumi) o sulla cartilagine (infiammazione, predisposizione genetica, disordini metabolici, invecchiamento) o su entrambi. L’entità e la gravità del processo può inoltre dipendere dal numero dei fattori che intervengono, dalla loro entità e dalla loro durata d’azione.  La malattia dunque insorge quando una o più cause mettono in moto una lenta, progressiva e irreversibile alterazione delle strutture portanti dell’articolazione, in particolare cartilagine e osso subcondrale.
I principali fattori di rischio che predispongono allo sviluppo dell’osteoartrosi sono:
  1. Età: la cartilagine che riveste le articolazioni tende a consumarsi con il passare degli anni e subisce delle modificazioni che comportano una perdita di elasticità e resistenza alle sollecitazioni e favoriscono l’azione lesiva di altri fattori;
  2. Fattori meccanici: le malformazioni sono soprattutto importanti nell’artrosi del ginocchio; le attività professionali e sportive sono state viste essere responsabili nell’insorgenza della malattia. Tra i lavoratori si segnala l’artrosi delle spalle, dei gomiti e delle mani negli addetti ai martelli pneumatici, l’artrosi dell’anca nelle ballerine, quella del ginocchio nei minatori e quella lombare negli autisti di autocarri o di autobus. Per gli sportivi il giudizio è più difficile, in quanto possono essere numerose le cause in gioco. Nei calciatori, per esempio, una di queste può essere la frequente rottura dei menischi. Una debolezza di fondo dei legamenti può invece spiegare l’artrosi delle spalle dei tennisti. Per quanto riguarda i traumi, il trauma violento con frattura può generare un’atrosi per via indiretta, per instabilità od incongruenza dei capi articolari.
  3. Ereditarietà: alcune malattie ereditarie come l’emocromatosi, la sindrome di Ehlers-Danlos e la sindrome di Marfan, compromettono il metabolismo e/o la funzione articolare e possono generare alcuni tipi di artrosi secondaria.
  4. Obesità e malattie del sistema endocrino: l’obesità è senza alcun dubbio il più rilevante fattore di rischio per lo sviluppo dell’artrosi del ginocchio, dell’anca e della colonna vertebrale.  Anche alcune alterazioni del sistema endocrino, come il diabete mellito e la gotta sono state chiamate in causa come possibili fattori di rischio.
  5. Presenza di altre malattie reumatiche (es.: artrite): l’infiammazione gioca un ruolo importante nel causare l’artrosi e nell’influenzare la sua progressione.
IL PROCESSO ARTROSICO
Come già detto, l’artrosi è una malattia degenerativa della cartilagine articolare.
La cartilagine è un tessuto connettivo elastico;  ha aspetto traslucido, colore bianco madreperlato e ricopre le estremità dei capi articolari.  È formata da cellule rotondeggianti (condrociti) che secernono una sostanza costituita da fibre elastiche e collagene (matrice extracellulare). E’ costituita principalmente da acqua  ed è priva di sali minerali. Il tessuto cartilagineo è poco vascolarizzato in quanto carente di capillari sanguigni per cui  le capacità rigenerative di questo tessuto sono bassissime. La cartilagine viene nutrita dal liquido sinoviale con cui è a diretto contatto e che ne garantisce anche l’ammortizzamento. Tale liquido è in continuo scorrimento dentro l’articolazione: a seconda dei movimenti e dei carichi viene assorbito o rilasciato dalle cartilagini e dalle membrane presenti, che funzionano come delle spugne.
La cartilagine  permette lo scorrimento reciproco delle superfici articolari ed è in grado di ammortizzare il carico durante i movimenti.
Nell’artrosi si assiste dunque ad un danneggiamento dell’impalcatura cartilaginea.
L’evento  scatenante  iniziale può rimanere sconosciuto, oppure può essere rappresentato da un trauma o dall’usura per un abuso dell’articolazione, o per una incongruità dei capi articolari dovuta  a malattie articolari di svariata origine, oppure ancora per danni vascolari o per una alterata innervazione, o per cause endocrine che inducono un danno articolare.
La prima lesione consiste in un rammollimento ed un appiattimento nella sede di massimo appoggio delle cartilagini opposte. Vengono in tal modo attivati i condrociti, che, come già ricordato, sono le cellule che producono la cartilagine e che ivi risiedono. L’attivazione dei condrociti si  traduce nella formazione accelerata di nuove fibre di collagene, più sottili e disorganizzate; inoltre, essi liberano in sede degli enzimi degradativi: viene così favorito l’automantenimento di un  processo cronico di infiammazione modesta e di degradazione della struttura cartilaginea. Essa, ormai debole, pian piano si frattura perché il liquido sinoviale, che la bagna si insinua all’interno dei suoi anfratti durante i movimenti articolari, provocando dei veri e propri “crolli cartilaginei” che espongono a nudo l’osso, che diviene più denso. Sin dal primo periodo di sofferenza articolare si formano, nelle zone meno sottoposte a carico, ai margini dell’articolazione, delle nuove formazioni di osso chiamate osteofiti, che si sviluppano tanto maggiormente quanto più lento è il decorso  dell’osteoartrosi e sono considerati un tentativo inadeguato di riparazione ossea. Le microfratture, l’infiammazione della sinovia (sinovite), che è la capsula che riveste l’articolazione, gli osteofiti e l’incongruenza articolare si sommano quali cause di dolore. Quando la degenerazione è così avanzata che la morte dei condrociti e la distruzione della cartilagine non possono più essere bilanciate dalle capacità riparative delle cellule residue, sopravviene lo stadio ultimo di instabilità e distruzione articolare con invalidità irreversibile.

Aspetti epidemiologici

L’osteoartrosi è la malattia reumatica più frequente; in Italia rappresenta da sola  il 73% circa delle malattie reumatologiche interessando circa 4 milioni di persone. Può colpire praticamente tutti gli essere vertebrati ed è  la malattia più diffusa , in particolare nella popolazione di età media e senile. Rappresenta inoltre uno dei più frequenti motivi di ricorso a visita medica negli ambulatori del medico di medicina generale. Colpisce più frequentemente le donne e tale maggior frequenza è più evidente dopo i 60 anni; complessivamente si può affermare che  la forma sintomatica interessa il 9.6% degli uomini ed il 18% delle donne oltre i 60 anni.

Segni radiologici di artrosi si possono riscontrare in oltre l’80% delle persone oltre i 50 anni;  di questi circa un quarto presenta dolore ed impotenza funzionale articolare.
Le
 sedi più frequentemente colpite sono in ordine decrescente:

  1. Colonna lombare (spondiloartrosi lombare)
  2. Colonna cervicale (cervicoartrosi)
  3. Ginocchio (gonartrosi)
  4. Anca (coxartrosi)
  5. Colonna vertebrale in toto (spondiloartrosi)
  6. Mani
  7. Piedi
  8. Altre sedi

L’osteoartrosi si può classificare in primaria e secondaria:

Artrosi primaria

Insorge in una articolazione sana senza una causa apparente; è dunque legata ad un’alterazione metabolica primitiva della cartilagine articolare e riconosce una predisposizione genetica; colpisce prevalentemente soggetti di età più giovane.

Può essere  localizzata o generalizzata.

La forma localizzata può colpire qualsiasi articolazione: ginocchia, spalle, anche, piccole articolazioni delle mani (in particolare le interfalangee distali e la trapezio-metacarpale del 1° dito), i tratti cervicale e lombare della colonna vertebrale, e i dischi intervertebrali, mentre meno spesso sono colpite le interfalangee prossimali, le articolazioni del piede e i polsi.
La forma generalizzata prevede invece  l’interessamento di almeno tre delle articolazioni sopra citate.

Artrosi secondaria

È legata a diverse cause correlate con  il processo degenerativo;
Vi sono molte condizioni patologiche che possono portare a quadri di artrosi secondaria:

  • Deformità articolari: malformazioni, distacchi epifisari, traumi, etc…
  • Malattie articolari infiammatorie: artrite reumatoide, gotta, etc…
  • Malattie metaboliche, endocrine ed infettive;
  • Fattori nutrizionali e obesità;
  • Eccessive sollecitazioni meccaniche;
  • Invecchiamento;

Sintomi e diagnosi

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Soltanto un quarto dei pazienti con artrosi radiograficamente documentabili presenta anche disturbi soggettivi; quindi, fortunatamente, nella maggior parte dei casi l’artrosi è una patologia silente.

Il quadro clinico dell’artrosi si caratterizza per il suo polimorfismo: dolore, limitazione funzionale e rigidità mattutina sono le manifestazioni cliniche più caratteristiche.
  • Dolore: sintomo cardinale
Possono distinguersi dolori da innesco flogistico, da “carico”, da immobilità, da mobilizzazione attiva e/o passiva. Esso insorge dapprima durante il movimento  articolare, specialmente dopo una immobilità di parecchie ore, al risveglio mattutino o per  movimenti nel sonno, con carattere lancinante; in fasi più tardive compare anche a riposo, ed è profondo e male localizzato, favorito da un precedente abuso articolare o da cambiamenti meteorologici.
  • Limitazione funzionale:
Nelle fasi iniziali della malattia, la limitazione funzionale è strettamente legata al dolore ed alla contrattura muscolare.
La limitazione funzionale ed il conseguente vario grado di disabilità assumono particolare rilievo quando vengono colpite le articolazioni “portanti” (anca e ginocchio). L’artrosi del pollice può compromettere la funzione prensile della mano con conseguenze negative per il compimento di particolari gestualità lavorative.
  • Rigidità articolare:
La rigidità mattutina è generalmente di breve durata (di solito inferiore a mezz’ora).
All’esame obiettivo le articolazioni periferiche possono essere tumefatte ed avere consistenza dura (lignea) per la presenza degli osteofiti. Può essere presente dolore alla palpazione dell’articolazione ed al suo movimento passivo, durante il quale può essere percepibile un crepitio, uno scroscio o uno  scatto articolare, per l’incongruenza dei capi articolari o per presenza di osteofiti liberi nella cavità articolare. Il versamento liquido è raramente presente; l’articolazione può essere calda, ma l’arrossamento e la tumefazione delle parti molli in continuazione con essa sono rari, tranne nei i periodi di riacutizzazione dell’infiammazione.
Negli stadi tardivi dominano le deformità e le lussazioni, con deviazione, ulnare o radiale (nella direzione del radio o dell’ulna), delle falangi, del ginocchio (varismo o valgismo) ed alluce valgo.
In alcuni casi possono essere presenti noduli cutanei  prevalentemente localizzati sulla superficie estensoria delle articolazioni interfalengee prossimali (noduli di Heberden) e distali delle mani (noduli di Bouchard)

DIAGNOSI

Spesso si tende a dedicare scarsa attenzione alla diagnosi precoce dell’artrosi e all’individuazione delle condizioni pre-artrosiche; spesso questa malattia viene considerata espressione quasi scontata della vecchiaia.  Tale diffuso atteggiamento va rivisto, poiché oggi è possibile individuare precocemente il processo di degenerazione dell’osso, in maniera tale da rendere più efficace la terapia fisica e farmacologica. Nel caso d’impegno delle articolazioni “portanti”, la diagnosi precoce deve costituire obiettivo primario per il reumatologo, onde attuare una razionale strategia di prevenzione (calo di peso, igiene posturale, ecc.) la cui efficacia è intuitivamente subordinata alla tempestività della loro adozione.

La diagnosi di artrosi si fonda sulla combinata presenza di manifestazioni  cliniche e radiologiche della malattia.

Indagini di laboratorio:

Utili per escludere altre patologie, poiché nell’artrosi non sono state finora rilevate anomalie dei dati di laboratorio.

Indagini strumentali:

La radiologia tradizionale mantiene un indiscusso valore nella diagnosi e nella stadiazione dell’artrosi; i segni radiologici principali del processo artrosico sono:
  • Assottigliamento asimmetrico (“eccentrico”) della rima articolare;
  • Sclerosi subcondrale;
  • Formazioni osteofitiche;
  • Deformazioni grossolane;
  • Geoidi
L’ecografia articolare è una  metodica capace di fornire utili informazioni ai fini della diagnosi precoce e del monitoraggio dell’evoluzione dell’artrosi. L’impiego di sonde ad alta frequenza consente un’attendibile esplorazione della cartilagine articolare.
Minore importanza, a causa della sua bassa specificità, è data oggi alla scintigrafia ossea.
L’artroscopia, in determinate contingenze, può fornire un utile contributo alla diagnosi di artrosi, anche se non costituisce una metodica di primo impiego.
La tomografia computerizzata non si è rivelata superiore alla radiologia tradizionale nel monitoraggio della malattia, ma può rivestire un valore limitato nella diagnosi precoce.
La risonanza magnetica consente un’accurata valutazione dello stato della cartilagine articolare, che appare come una fine linea iperdensa. Nella pratica clinica, l’impiego della risonanza magnetica è ancora notevolmente limitato, anche per gli alti costi della procedura.

Prevenzione

Alcuni semplici accorgimenti possono risultare importanti nel limitare l’evoluzione del danno articolare e nel ridurre la sintomatologia in corso di artrosi.
Tali misure debbono essere valutate per ogni singolo caso in rapporto alle condizioni generali del paziente, alla localizzazione e gravità della malattia.
Riduzione del sovrappeso corporeo

L’obesità rappresenta un fattore predisponente ed aggravante di molte forme di artrosi in virtù del sovraccarico funzionale che impone alle articolazioni portanti. Una graduale riduzione del peso corporeo in rapporto all’età, alle condizioni generali del soggetto e alle eventuali patologie associate, è indispensabile per non vanificare gli effetti di altre terapie.

Correzione di eventuali alterazioni metaboliche

È opportuno accertare l’eventuale presenza in ogni paziente artrosico di diabete mellito, di alterazioni del metabolismo lipidico e di iperuricemia, provvedendo poi attraverso il trattamento dietetico e/o farmacologico alla loro correzione.

Correzione di eventuali disturbi vascolari

Un’insufficienza del circolo venoso degli arti inferiori si associa frequentemente ad artrosi del piede e delle ginocchia. Tali disturbi del sistema venoso devono quindi essere individuati precocemente e trattati adeguatamente in rapporto alla gravità del quadro clinico.

Adozione di posture idonee diurne e notturne

Una corretta posizione del corpo durante il sonno si ottiene dormendo su di un materasso o su di un letto rigido ed utilizzando un guanciale basso. Durante il riposo è consigliabile la posizione supina o laterale, mentre deve essere evitata la posizione prona che tende ad accentuare la lordosi lombare ed obbliga alla rotazione forzata persistente del collo.
Una corretta posizione seduta si ottiene se si usa una sedia rigida in modo che la colonna vertebrale aderisca completamente allo schienale (posizione a 90°); il collo e il dorso vanno appoggiati allo schienale evitando di piegarsi in avanti.
È buona regola evitare la posizione eretta prolungata mentre è raccomandabile cambiare spesso posizione sia durante le ore lavorative che nei momenti di riposo.
In ufficio, considerato il tempo che si trascorre lavorando, l’ideale sarebbe una sedia ergonomica e un poggiapiedi.

Davanti allo schermo del computer il collo non va incassato tra le spalle, né tenuto proteso in avanti come normalmente si tende a fare.
Nell’artrosi delle mani ogni attività che comporti rischi di microtraumi, insulti termici o contatto con acqua dovrebbe essere svolta utilizzando i guanti.
Nel caso di localizzazioni a livello del piede dovrebbe essere evitato l’uso di calzature a punta e con tacchi alti.
Non tutti gli sport fanno bene soprattutto alla schiena. L’unico veramente indicato per la prevenzione e la cura delle patologie legate alla colonna vertebrale è il nuoto.

L’esercizio fisico è consigliato per tutte le forme di artrosi perché mantiene i movimenti  delle articolazioni, contrasta le deformazioni favorite dalle cattive posizioni e rinforza i muscoli vicini alle articolazioni. Ottimi sono anche lo streching e lo yoga.
I microtraumatismi cronici, che si susseguono durante le normali attività quotidiane, svolgono un ruolo importante nell’insorgenza e nell’evoluzione delle lesioni degenerative e nelle manifestazioni cliniche dell’artrosi.
Un’adeguata protezione delle articolazioni maggiormente esposte si può ottenere tramite alcuni provvedimenti ortesici: ortesi, collari busti, corsetti semirigidi, bastoni semplici, stampelle girelli tutori apparecchi per trazione.

Terapia

TERAPIA COMPORTAMENTALE

I pazienti artrosici potrebbero trovare metodi alternativi ai farmaci per alleviare il dolore. Asciugamani tiepidi, bagni o docce tiepide, impacchi caldi da applicare sull’articolazione dolente tolgono il dolore e la rigidità. In alcuni casi, gli impacchi freddi (una borsa del ghiaccio) possono diminuire il dolore o intorpidire l’area dolorosa. L’idrochinesiterapia in una piscina terapeutica può attenuare dolore e rigidità. Per l’OA del ginocchio i pazienti possono indossare plantari e scarpe imbottite per ridistribuire il carico correttamente e diminuire lo stress articolare.

Esercizio

E’ uno dei migliori trattamenti per l’OA; migliora l’umore, diminuisce il dolore, aumenta l’elasticità, il flusso sanguigno al cuore, mantiene sotto controllo il peso e incrementa l’allenamento fisico globale. L’esercizio non è costoso e se compiuto correttamente non da’ effetti collaterali. La quantità e la forma dell’esercizio dipenderà da quali articolazioni sono coinvolte, dalla loro stabilità e se è già avvenuta una sostituzione protesica.

Gli esercizi comprendono:

  • Rinforzo: possono essere eseguiti con elastici di diversa resistenza che aumentano la forza;
  • Attività in aerobiosi: mantengono polmoni e sistema circolatorio in forma;
  • Attività per migliorare l’articolarità: mantengono sciolte le articolazioni;
  • Esercizi di abilità: aiutano a mantenere la destrezza nell’effettuare i movimenti;
  • Rinforzo del collo e della schiena: migliorano la forza e l’elasticità della colonna vertebrale.

Kinesiterapia

La paroloa “Kinesi” deriva dal greco antico e significa “movimento”. La kinesiterapia comprende un insieme di tecniche specifiche volte al recupero del movimento articolare, della forza, della massa muscolare, della sensibilità al movimento. È dunque utile per tutte le situazioni in cui si ha una riduzione delle fisiologiche capacità di movimento (in seguito a traumi, interventi chirurgici, in presenza di malattie reumatiche, etc…)

TERAPIA FARMACOLOGICA

Non esiste una cura definitiva per l’osteoatrosi. Tuttavia, esistono diversi trattamenti in grado di migliorare la qualità della vita del malato.
I farmaci attualmente disponibili sono in grado di:
  • alleviare il dolore
  • mantenere e/o facilitare il movimento delle articolazioni
  • rallentare la progressione dei danni
Le vie di somministrazione possono essere diverse in rapporto alle caratteristiche del farmaco e del paziente:
  • per via orale;
  • per via sistemica: iniezioni intramuscolari;
  • con infiltrazioni intra-articolari,
  • per applicazioni topiche: cerotti, gel, pomate da applicare sulla parte dolorante.

Analgesici

Sono i farmaci di prima scelta per alleviare il dolore ai pazienti che non rispondono alle terapie non farmacologiche.  La scelta tra i diversi farmaci va individualizzata scegliendo il prodotto con il migliore profilo di tollerabilità.
Il paracetamolo, è considerato di prima scelta nei soggetti con osteoartrosi non infiammatoria. I suoi  effetti collaterali sono generalmente lievi: i principali problemi sono rappresentati da:
  • Tossicità epatica
  • Tossicità renale
Gli oppioidi (es. codeina, propossifene, ossicodone) dovrebbero essere evitati nell’uso a lungo termine, ma possono essere utili nelle seguenti situazioni:
  • nelle esacerbazioni acute, a breve termine;
  • quando gli altri trattamenti farmacologici sono falliti o non sono tollerati in soggetti non candidati all’intervento chirurgico, oppure se vi è un alto rischio di effetti collaterali da FANS o da inibitori selettivi della COX-2

FANS

Hanno effetto analgesico e antinfiammatorio, ma sono gravati di effetti collaterali prevalentemente gastrointestinali e renali.
Indicazioni:
  • prima degli analgesici orali, nella OA infiammatoria che non risponde alle terapie non farmacologiche;
  • nelle OA non infiammatorie che non abbiano risposto agli analgesici o nei pazienti con dolore moderato o grave.
I FANS oggi rappresentano uno strumento indispensabile nel trattamento sintomatico dell’artrosi; vanno consigliati per un periodo di breve durata (1-2 settimane circa); spesso possono essere associati a miorilassanti o analgesici.
Come prima accennato, gli effetti collaterali più frequenti si verificano soprattutto a carico dell’apparato gastro-intestinale:  nausea, vomito, dispepsia, erosioni e ulcerazioni gastro-intestinali; altri effetti collaterali sono a carico degli apparati renale, cutaneo, ematologico, neurologico, articolare e soprattutto epatico e cardiovascolare.

Tutti i FANS vanno impiegati con la massima cautela nei pazienti con una storia di ulcera peptica ed in genere non andrebbero prescritti nei soggetti portatori di ulcera attiva.

Particolare attenzione va attribuita all’interazioni farmacologiche dei FANS con altre classi di farmaci; la prescrizione di un FANS richiede particolare prudenza nei pazienti in terapia con antidiabetici o con anticoagulanti per via orale e negli anziani, spesso affetti da altre patologie a carattere cronico, e perciò costretti ad assumere molte altre medicine.

I FANS più frequentemente prescritti ed utilizzati sono: acido acetilsalicilico, nimesulide, ibuprofene. Diclofenac, etc…

Inibitori selettivi della COX-2 (rofecoxib, celecoxib, valdecoxib);

Sono inibitori selettivi della ciclo-ossigenasi inducibile (COX-2), e quindi inibiscono   la sintesi delle prostaglandine pro-infiammatorie, ma non di quelle citoprotettive per la mucosa gastrica; dunque pur mantenendo la stessa efficacia dei  FANS tradizionali  presentano  minore tossicità gastrointestinale.
Sono raccomandati nei pazienti con storia di ulcera peptica, emorragia gastrointestinale, intolleranza gastrointestinale ai FANS, o in coloro che assumono alcuni farmaci (quali warfarin o steroidi).
Sono controindicati nei pazienti con nefropatie, scompenso cardiaco congestizio, cirrosi e deplezione di volume, per il rischio di insufficienza renale (reversibile).
Appaiono poter essere associati ad un aumentato rischio cardiovascolare, incluso l’infarto del miocardio; tuttavia  alcuni studi hanno dimostrato la stessa incidenza di accidenti cardiovascolari nei pazienti che assumono coxib ed in quelli che assumono FANS; infatti anche i FANS tradizionali, soprattutto protratti nel tempo e impiegati ad alte dosi, possono essere associati ad un significativo incremento del rischio cardiovascolare.

Condroprotettori e farmaci di “fondo” (SYSADOA)

Hanno effetti specifici sui meccanismi patogenetici dell’OA al fine di contrastare la progressione della malattia; agiscono  su condrociti e sinoviociti ed hanno effetti positivi sul metabolismo della cartilagine. In definitiva agiscono rallentando la progressione della malattia.

Glucosamina solfato

E’ un sale artificiale della  glucosamina,  (componente dei glicosaminoglicani e proteoglicani, a loro volta substrati dell’acido ialuronico il quale è componente fondamentale del liquido sinoviale e della cartilagine); stimola la sintesi di glicosaminoglicani e proteoglicani e inibisce il rilascio di enzimi proteolitici. E’ stata utilizzata per via orale e per via intraarticolare.

Condroitinsolfato

E’ il principale glucosaminoglicano della cartilagine articolare. Ha azione anti-infiammatoria e come la glucosamina, agisce stimolando la sintesi di glicosaminoglicani e proteoglicani e inibendo il rilascio di enzimi proteolitici.

TERAPIA INTRA-ARTICOLARE

Corticosteroidi intra-articolari

Riducono  significativamente il dolore anche per 4 settimane; tuttavia non determinano alcun miglioramento funzionale rispetto al placebo. Non vanno utilizzati più di 3-4 volte l’anno in quanto somministrazioni più frequenti possono precipitare un danno cartilagineo progressivo.

Sono  indicati nei pazienti con dolore articolare malgrado l’uso di FANS e quando vi sia una documentata flogosi intra-articolare.

Acido jaluronico intra-articolare (AJ)

È un polisaccaride ad alta viscosità, indispensabile per l’omeostasi dell’ambiente articolare. Nell’artrosi la concentrazione ed il peso molecolare dell’AJ sono ridotti con conseguente riduzione dell’elasticità e viscosità del liquido sinoviale.

L’AJ in condizioni fisiologiche si trova:

  1. nel liquido sinoviale (alla concentrazione di 2 – 4 mg\ml) dove è responsabile della viscosità articolare; ha azione lubrificante e ammortizzante e  consente la separazione delle superfici articolari sotto carico;

  2. nella membrana sinoviale dove assolve alla funzione di protezione meccanica dei sinoviociti  e delle terminazioni nocicettive;
  3. nella cartilagine articolare dove svolge le seguenti funzioni:
  • aggregante dei proteoglicani e ammortizzante dei condrociti ;
  • responsbile del turgore e della deformabilità elastica della cartilagine;
  • controllo della diffusione dei soluti e dei rapporti tra condrociti, proteoglicani e collagene.
L’AJ, somministrato per via intra-articolare svolge funzione di viscosupplementazione e viscoinduzione.
VISCOSUPPLEMENTAZIONE:  azione meccanica di lubrificazione articolare forzata (Balazs et al.) con ripristino delle condizioni viscoelastiche normali del liquido sinoviale.

Tale funzione è svolta prevalentemente dall’AJ ad elevato peso molecolare il quale è dotato di un effetto meccanico di “lubrificazione articolare”; rappresenta il sostituto temporaneo del liquido sinoviale.

L’AJ ad elevato peso molecolare è indicato nella artropatia degenerativa o meccanica, senza sinovite attiva in stadio avanzato e nell’artrosi dolorosa in pazienti in cui è controindicata la protesizzazione chirurgica. Si somministra per via intra-articolare con cadenza settimanale per 3 settimane.
VISCOINDUZIONE: azione meccanica e  biologica svolta dall’ acido jaluronico a basso PM il quale presenta:
Azioni biologiche:
  • aumento della viscosità del liquido sinoviale;
  • riduzione della concentrazione di mediatori pro infiammatori;
  • stimolazione dell’omeostasi dell’ambiente articolare per stimolo dell’attività dei condrociti;
  • stimolazione della sintesi di AJ endogeno.
Effetti sulla cartilagine:
  • ricostruzione dello strato superficiale della cartilagine;
  • riduzione della flogosi sinoviale;
  • ripristino della densità e vitalità dell’ambiente condrocitario.
L’AJ a basso peso molecolare è indicato nell’artrosi non avanzata; si somministra mediante   infiltrazioni intraarticolari, con cadenza settimanale, per 5 settimane .
l’AJ presenta pochi effetti collaterali: reazioni allergiche locali, “fastidio articolare”, infezione articolare (quest’ultimo effetto non è tanto dovuto all’AJ ma alla cattiva osservazione delle regole di asepsi durante le procedure di infiltrazione).


TERAPIA FISICA

Può rappresentare un utile ausilio purchè sia inserita in un razionale programma terapeutico e non venga ritenuta un’alternativa alla terapia farmacologia.
Obiettivi:
  • Riduzione del dolore;
  • Prevenzione o riduzione della contrattura muscolare;
  • Conservazione o miglioramento dell’escursione articolare;
  • Miglioramento del trofismo muscolare e delle prestazioni funzionali;
  • Miglioramento del tono psichico.
Vantaggi:
  • Facilmente reperibili;
  • Discreta efficacia sintomatica;
  • Non hanno in genere controindicazioni;
  • Possono essere usate in soggetti intolleranti ai farmaci.
Svantaggi:
Abuso di impiego con eccesso di spesa;
Non sostituiscono la terapia farmacologia;
Talora accentuano la sintomatologia dolorosa;
Non hanno un’efficacia dimostrata sull’evoluzione della malattia.

Le terapie fisiche utilizzabili nell’artrosi sono:

Termoterapia esogena

Indica una terapia che avviene tramite apporto di calore esterno: applicazione della borsa dell’acqua calda, bagni di acqua calda, docce di vapore, sauna cure termali,  sabbiature, aria calda, etc… Sfrutta a scopo terapeutico un aumento della temperatura negli strati superficiali del corpo.

Termoterapia endogena

Si basa sul calore prodotto profondamente.  Il caldo favorisce un apporto di sangue nella zona e attenua la tensione muscolare. È controindicata nelle infiammazioni acute. Fanno parte di questo tipo di cura: radarterapia, marconiterapia, infrarosso terapia.

Ultrasuoni

Sfruttano gli effetti provocati nell’organismo da un’emissione di onde sonore superiori alla soglia uditiva. Questa tecnica utilizza vibrazioni meccaniche (ultrasuoni) erogate in emissione continua o pulsata. La penetrazione nei tessuti delle onde ultrasonore, esplica un’azione di tipo meccanico che si traduce in un micro massaggio, ed un’azione di tipo termico derivato dalla trasformazione in calore dell’energia vibrante.

Correnti diadinamiche

Sono correnti unidirezionali di bassa frequenza. Vengono utilizzate a scopo antalgico; presentano tuttavia effetto trofico ed eccitomotorio. Si applicano tramite 2 elettrodi di grandezza adeguata all’area del dolore.

Massoterapia

Il termine “massaggio” comprende una serie di manovre eseguite con le mani applicate sulla superficie del corpo; gli effetti del massaggio si esplicano soprattutto a livello muscolare, dove determinano un aumento del tono vasale.

Crioterapia

In presenza di evidenti poussées flogistiche può essere utile applicare borse contenenti ghiaccio;

TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation)

Attualmente il suo principale utilizzo in campo reumatologico è nel trattamento delle patologie dolorose. Svolge esclusivamente azione antalgica.
Controindicazioni assolute sono rappresentate dalla gravidanza e dalla presenza di lesioni cutanee; non può essere inoltre utilizzata nei pazienti affetti da epilessia e nei portatori di pace-maker.

Laserterapia

Le radiazioni laser sono indolori e attive nel combattere l’infiammazione, il dolore e gli edemi (gonfiori) che si accompagnano all’artrosi.
Si considerano come controindicazioni al trattamento i processi infettivi e tumorali e i portatori di protesi metalliche e di pace-maker.

Magnetoterapia

L’applicazione locale di onde magnetiche aiuta ad alleviare il dolore.
Si tratta di una tecnica molto conosciuta e assolutamente indolore, che utilizza spesso piccoli apparecchi che rendono possibili anche applicazioni quotidiane prolungate a domicilio. È molto utile in caso di artrosi associata a osteoporosi.
Da ricordare che la magnetoterapia è assolutamente controindicata nei portatori di pace-maker, in pazienti con insufficienza cardiocircolatoria e con micosi o malattie virali.

Agopuntura

È ormai ben documentato che il trattamento con agopuntura è efficace nel controllo del dolore ed è evidente che esso possa trovare una particolare indicazione in alcune patologie tra cui quella artrosica, in cui il dolore cronico rappresenta un sintomo molto importante.
I risultati sembrano buoni nelle manifestazioni artrosiche non gravi.

Manipolazione vertebrali

Si tratta di un procedimento basato sulla mobilizzazione passiva, praticata in soggetti con spondiloartrosi con lo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa legata alla contrattura muscolare.

TERAPIA CHIRURGICA

La chirurgia viene di solito utilizzata nelle forme più serie di artrosi, quando il dolore e la difficoltà di movimento sono molto accentuati.
Gli interventi prevedono la sostituzione dei due capi  “malati”  con protesi che si articolano tra loro e permettono di muoversi.
L’intervento più diffuso è quello all’anca, in cui una protesi sostituisce la testa del femore o l’acetabolo, cioè la cavità dell’anca in cui appoggia il femore.
Anche la protesi del ginocchio, che sostituisce le porzioni articolari della tibia e del femore, si sta sempre più diffondendo.
Dopo trattamento chirurgico, è indispensabile per il paziente seguire un programma di riabilitazione post-operatoria, i cui obiettivi sono di ottenere da un lato la massima escursione articolare con un buon controllo muscolare e dall’altro un rapido ritorno alle comuni attività della vita quotidiana.


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